Dal 3 agosto è stata abolita la cosiddetta «più dai, meno versi», la legge che consente di usufruire di detrazioni fiscali in caso di donazioni in denaro alle Onlus. Il nuovo Codice del terzo settore (decreto legislativo 117 del 2017) prevede infatti una correzione di quel sistema, che però entrerà in vigore l’anno prossimo. Nel processo di riforma, insomma, è stato fatto un errore per cui la vecchia legge è immediatamente abrogata, mentre si stabilisce per il 2018 l’attivazione delle nuove regole.
In generale, il nuovo articolo che si occupa di questa materia è una buona notizia, visto che toglie il tetto dei 70mila euro sull’entità delle donazioni e inoltre amplia la platea di enti del terzo settore che possono garantire le agevolazioni ai propri donatori. Stando così le cose però, il non profit resterà “scoperto” per cinque mesi, nei quali farà probabilmente più fatica a raccogliere donazioni in denaro, non potendo contare su questo importante incentivo. Si spera che la soluzione arrivi a breve, ma in attesa che qualcuno ci metta una “pezza”, resta il buco.
Ne scriveva sul Sole 24 Ore di ieri Carlo Mazzini, fonte informata e autorevole su questi temi: «L’articolo 99, comma 3 che abroga la “più dai, meno versi” è entrato in vigore il giorno successivo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Codice (Dlgs 117/17), cioè dal 3 agosto. Da quella data l’abrogazione è legge e quindi la “più dai, meno versi” resta in vigore solo per le fondazioni e associazioni di ricerca scientifica e per le omologhe che tutelano i beni artistici, storici e paesaggistici, mentre fino alla fine del 2017 – in attesa dell’entrata in vigore delle nuove previsioni – i donatori di onlus e delle altre organizzazioni devono far riferimento ad altre norme meno vantaggiose. Stare cinque mesi senza “più dai, meno versi” appare davvero una beffa per le almeno 50mila organizzazioni che l’hanno finora fatta utilizzare ai propri donatori e che non avevano mai registrato alcuna dichiarazione sull’abrogazione improvvisa della norma. La soluzione a questa incongruenza dovrebbe arrivare per via interpretativa da parte dell’agenzia delle Entrate, dato che i tempi di una nuova legge vanificherebbero il carattere di urgenza assoluta della correzione».
Quello segnalato è solo uno dei tanti problemi che stanno accompagnando il processo di completamento della riforma del terzo settore. Nell’articolo citato, Mazzini ne menziona un altro, per nulla secondario, relativo alla rendicontazione economica da parte degli enti del terzo settore: non si capisce bene quale sia la soglia oltre la quale è obbligatorio passare dal rendiconto finanziario al bilancio vero e proprio. «Nella prima parte del Codice (articolo 13) si afferma che il limite è pari a 220mila euro, mentre nella seconda parte (articolo 87) il limite si assesta a 50mila euro. Quando il testo parla di 220mila euro, i soggetti cui fa riferimento sono tutti gli enti del terzo settore e le tipologie di entrate sono di qualsiasi tipo, sia commerciali che non commerciali. Quando la stessa legge – solo un bel po’ di articoli dopo – abbassa il limite a 50mila euro, i soggetti interessati sono i soli enti non commerciali che dovrebbero invece essere quelli maggiormente agevolati. Il che porta al paradosso che un ente del terzo settore commerciale può redigere un semplice rendiconto “entrate-uscite” sfiorando i 220mila euro, mentre un ente del terzo settore non commerciale deve fare attenzione a non superare i 50mila euro anche se non avesse alcun tipo di entrata di natura commerciale».
Un altro problema segnalato da tempo intorno a questa riforma è che mancano all’appello ancora oltre 40 decreti attuativi, senza i quali molte delle disposizioni contenute nel testo resteranno sulla carta: «Servono infatti 42 atti, fra provvedimenti dei ministeri e autorizzazioni dell’Unione europea, per tradurre in pratica le nuove disposizioni – scriveva Valentina Melis sul Sole del 7 agosto –. Sono soggetti, ad esempio, al via libera della Ue il nuovo regime forfettario degli enti del terzo settore non commerciali, e la disciplina fiscale di favore per le imprese sociali. “Confido che l’autorizzazione europea arrivi entro fine anno – sottolinea il sottosegretario al Lavoro e alle politiche sociali Luigi Bobba – in modo che dal 2018 entri a regime l’impianto delle nuove agevolazioni fiscali. Gia? da novembre – aggiunge – si potranno presentare le domande per accedere ai 200 milioni stanziati dal ministero dello Sviluppo economico per i finanziamenti agevolati alle imprese sociali, ai quali si aggiunge una quota di 23 milioni per finanziamenti a fondo perduto”».
A generare preoccupazione anche un altro aspetto, rilevato da Mazzini nella stessa pagina del giornale, che riguarda il Registro unico nazionale del terzo settore, che ancora non è stato formalmente istituito: «Senza l’istituzione del Registro, che in base alle previsioni del Codice unico riunira? gli oltre 300 elenchi esistenti del non profit, nessuno potra? definirsi “ente del Terzo settore”, pertanto gran parte della legislazione di favore riconosciuta a queste organizzazioni non sara? applicabile fino al momento dell’effettiva operativita? del Registro».
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