Il personale dell’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane (Iccu) di Roma lancia l’allarme per la possibile chiusure del sistema Opac, ossia il catalogo collettivo nazionale consultabile online che contiene il posizionamento dell’intero patrimonio librario delle biblioteche italiane. Un sistema che rappresenta un’eccellenza in Europa (più avanti sono citati i numeri che muove), che fornisce un servizio di grandissima utilità per studenti, docenti e ricercatori, rischia la chiusura perché lentamente, ma costantemente, si stanno tagliando le risorse necessarie alla gestione. Che non sono poi molte, rispetto alle potenzialità del servizio, ed è quindi ancora più grave che lo si lasci morire. Di seguito il comunicato diffuso dal personale, che dà l’avvio a una fase di mobilitazione che ci auguriamo possa scongiurare la chiusura di questa importantissima risorsa.
L’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (www.iccu.sbn.it) non dispone più dei finanziamenti necessari alla gestione del Servizio bibliotecario nazionale (Sbn). Dopo anni di costanti tagli alle spese da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, a fronte dei quali si è dovuto da un lato ridurre il livello di servizio offerto, dall’altro cercare finanziamenti al di fuori del bilancio dell’Iccu, appare ormai inevitabile nel breve periodo l’interruzione del servizio. I tagli colpiscono pesantemente anche il personale del nostro istituto e di tutto il MiBac. Da anni i pensionamenti non vengono compensati da nuove assunzioni, ma soltanto provvisoriamente e in misura minima da collaborazioni esterne. Si interrompe così il passaggio di saperi ed esperienze che da sempre ha completato la formazione dei colleghi più giovani: è tutto il bagaglio di conoscenze tecnico-scientifiche relativo al materiale antico e manoscritto, alla catalogazione e alla gestione dell’informazione che si perde, nella totale indifferenza di chi ha responsabilità di governo.
Chiunque svolga un’attività di studio o di ricerca, e più in generale chiunque, in Italia o all’estero, sia interessato a ottenere in lettura un documento nell’immenso patrimonio delle biblioteche italiane, conosce il Servizio bibliotecario nazionale e ha sperimentato l’utilità del catalogo collettivo nazionale consultabile via internet (opac.sbn.it). Ad esso accedono oggi più di 2 milioni e mezzo di visitatori l’anno, con circa 50 milioni di ricerche bibliografiche e più di 35 milioni di pagine visitate. Vi sono presenti 14 milioni di titoli con 64 milioni di localizzazioni. È passato poco più di un anno da quando il Sole 24 Ore ha pubblicato il “manifesto della cultura”, dove si individuava nella valorizzazione dei saperi e della cultura il necessario presupposto per lo sviluppo e la strategia per guidare il cambiamento; più di recente, nell’ambito del Salone Mediterraneo della responsabilità sociale condivisa, tenutosi questo mese a Napoli, si è riproposto come obiettivo «di concorrere alla definizione di strategia e strumenti per valorizzare la cultura e il patrimonio storico artistico come motore di crescita e di rilancio dell’economia, alimentando la collaborazione tra pubblico e privato, profit e non profit».
Il Servizio bibliotecario nazionale da più di venti anni si fonda sul decentramento territoriale e sulla cooperazione tra Stato, regioni (che hanno costituito 83 poli regionali) e 20 università al fine di valorizzare le iniziative locali e far convergere verso un obiettivo comune l’impegno delle 5mila biblioteche che fino a oggi hanno scelto di aderire. La cooperazione nazionale e la condivisione delle risorse hanno determinato l’abbattimento dei costi della catalogazione, consentendo alle biblioteche di ottenere in pochi anni risultati non perseguibili con la gestione tradizionale; hanno innalzato il livello dei servizi all’utenza in un ambito di continuo confronto tra soluzioni sempre più avanzate sia nel trattamento dell’informazione bibliografica sia nella fruizione dei documenti. E proprio in quanto basata sulla condivisione delle risorse la rete Sbn, nata come realizzazione all’avanguardia, è stata presa a modello di buona pratica a livello internazionale. Cessare la manutenzione e rendere insostenibile l’incremento di una tale risorsa, nella solita logica di tagli indiscriminati, è, a nostro avviso, l’ennesima offesa del diritto allo studio, alla ricerca e alla crescita culturale e pertanto riteniamo doverosa questa denuncia.
Il Personale dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unicodelle Biblioteche Italiane – Iccu – Roma