di Federico Caruso

L'opera vincitrice del concorso "Una vignetta per l'Europa"

L’intenso fine settimana ferrarese del festival di Internazionale ha proposto, tra gli incontri e le conferenze, l’assegnazione del premio per il concorso “Una vignetta per l’Europa”, bandito dall’Unione europea in collaborazione col settimanale e col sito internet Presseurop. Ci sembra interessante parlarne, anche alla luce di alcuni fatti di attualità del nostro Paese in merito alla satira politica. Innanzitutto vi consigliamo di dare uno sguardo alla vignetta vincitrice, “L’Europa in guerra in Libia, missione umanitaria”, realizzata da Mauro Biani e pubblicata su Liberazione il 20 marzo 2011. Dalle pagine dello stesso sito si può vedere una selezione di altre opere in concorso, alcune molto valide e divertenti. «Si può e si deve poter parlare di tutto. E quindi, prendendosene la responsabilità, anche fare satira su tutto. Non ci dovrebbe essere nessuna autocensura sul pensiero e sulle opinioni», ha dichiarato Biani a Presseurop. Parole coraggiose, rivolte probabilmente alla classe politica, ma anche, riteniamo, ad alcuni colleghi.

Per quanto riguarda la prima, possiamo citare l’atto di indirizzo all’esame della commissione di Vigilanza Rai, che riprende l’idea già proposta tempo fa del “doppio conduttore” all’interno dei talk show, ove si ritenga che il baricentro del dibattito sia troppo spostato da una parte (politica) o dall’altra: «Laddove il format della trasmissione preveda l’intervento di un opinionista a sostegno di una tesi è indispensabile garantire uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali. Ciò è ancor più necessario per quelle trasmissioni che, apparentemente di satira o varietà, diventano poi occasione per dibattere temi di attualità politica o sociale». Ma, ci chiediamo, se la satira non parlasse di “attualità politica o sociale”, di cosa dovrebbe mai parlare? Si riduce veramente a questo il concetto di pluralismo? All’avere sempre, di fronte a un’opinione, il controcanto dell’opinione contraria, come allo stadio? Non si esprime forse in una programmazione varia e di qualità, libera da lottizzazioni e spostamenti di pedine da parte di maggioranze e opposizioni?

Biani ha giustamente parlato di responsabilità. Ma crediamo non intendesse semplicemente riferirsi a una responsabilità di tipo giudiziario, bensì al principio etico di chi, facendo un lavoro di tipo culturale (e non propagandistico, ma i nostri politici non riescono a capire la differenza) sull’attualità, si prenda la briga di satireggiare chi se lo merita, per il suo peso politico in un dato momento storico. La vignetta vincitrice, nella sua semplicità, esprime una critica feroce. E non riusciamo proprio a immaginarci un “contraddittorio” efficace da parte di un qualche rappresentante del governo. Non avrebbe senso, e non sarebbe nemmeno divertente. Perché, non dimentichiamolo, chi si sente offeso e diffamato dalla satira, evidentemente si prende troppo sul serio, arrivando a pensare che una vignetta o una striscia a fumetti possa danneggiarlo. E, se proprio vogliamo fare una critica ai colleghi di Biani, ci schieriamo, con lui, contro le solite vignette che se la prendono col presidente del Consiglio: «Prendere in giro figure che sono screditate, come per esempio Berlusconi, è praticamente un esercizio di stile. Più difficile è riflettere sui tic e sulle parole d’ordine della sinistra, del popolo di sinistra». Venerdì scorso, come anticipato su questo blog, è uscita la nuova edizione del Male, periodico satirico vissuto tra il 1977 e l’82, diretto dai due disegnatori Vincino e Vauro. Il grande merito del redivivo settimanale è sicuramente di dare spazio, oltre ai già noti Makkox, Jacopo Fo, nonché Ali Farzat, a firme nuove e semi-sconosciute. Ma il binomio Berlusconi-gnocca (termine ormai sdoganato dal diretto interessato) la fa sempre da padrone. E, in generale, pare trattrsi di una satira sul chiacchiericcio della politica, sui suoi personaggi, e non sui fatti della politica. Quella sarebbe stata una satira davvero pungente e scomoda. In una parola: responsabile. Ormai, lo dicevamo già nell’altro articolo su questo tema, non c’è più bisogno di fare una caricatura della persona, perché ogni politico, a modo suo, lo è già di se stesso. Qualcuno faceva notare la somiglianza, quasi l’identità tra Pier Luigi Bersani e Maurizio Crozza. Chi imita chi? Il dubbio è legittimo.