Partiamo dalla definizione: l’onnivoro sociale è colui o colei che consuma carne o pesce solo quando si trova in compagnia di altre persone. Si tratta di una di quelle scelte “ibride”, che non ricade esattamente nell’essere onnivori, vegetariani o vegani, ma che potrebbe avere un impatto ambientale considerevole.

Certo le scelte alimentari sono frutto di decisioni complesse, che non necessariamente si risolvono in quest’ultimo aspetto. Alla base ci possono essere scelte etiche rispetto allo sfruttamento degli animali per usarne i prodotti, nonché al loro abbattimento per trasformarli in cibo.

Abbracciare il veganismo o il vegetarianismo può però mettere a dura prova le relazioni, soprattutto tra i 20 e i 30 anni, quando si hanno generalmente più occasioni di socialità. Quando si diventa vegani, spiega The Conversation in un articolo che fa parte di una serie dedicata ai problemi dei giovani in quella fascia d’età, “mangiare con gli altri” è uno dei motivi principali per cui le cose non vanno come sperato.

Ma sta emergendo la tipologia dell’onnivoro sociale, un’etichetta che si riferisce a persone che non rinunciano a piatti con carne quando sono fuori con gli amici, ma non ne mangiano quando sono a casa o da soli. È difficile dire quanto sia diffuso il fenomeno, spiega l’articolo, ma il principio alla base è evitare di mangiare carne quando si può, ma evitare anche il conflitto sociale che può nascere da scelte radicali.

Rispetto all’impatto ambientale, è noto che nessun altro alimento rilascia più gas serra nell’atmosfera o causa più distruzione di habitat naturali della carne. Quella rossa, inoltre, è associata a un maggiore rischio di malattie cardiache, di alcuni tipi di cancro e di ictus. E poi c’è la questione etica, per cui è necessario che animali senzienti muoiano per permetterci di mangiare carne.

Se le motivazioni sono legate a quest’ultimo aspetto, non c’è soluzione ibrida che tenga: la dieta vegana è l’unica possibile. Se si ritiene accettabile il consumo di latticini, allora il vegetarianismo può essere una buona opzione.

Ma se le scelte alimentari sono dettate da preoccupazioni per la salute o per l’ambiente, un consumo occasionale di carne potrebbe essere una soluzione interessante. Una ricerca del 2012 relativa al Regno Unito ha rilevato che, anche solo riducendo della metà il consumo di carne e latticini, si potrebbero ridurre le emissioni di gas serra del 19% e prevenire quasi 37 mila morti all’anno nel paese.

L’onnivoro sociale è un tipo di dieta con una regola molto chiara: la carne si mangia solo quando viene servita in un contesto sociale. Questo può essere molto più efficace di una generica intenzione flexitariana di mangiare “meno carne” (di dieta flexitariana avevamo parlato qui). In questo secondo caso, la quantità di carne in meno o il momento in cui mangiarla sono decisi volta per volta, e questo porta a concedersi molte più deviazioni dalla regola.

Le ricerche dimostrano che esiste un divario tra le nostre buone intenzioni e i nostri comportamenti. Che si tratti di fare più esercizio fisico o di mangiare meno calorie, tutti tendiamo a soffrire di un pregiudizio ottimistico, ossia dell’errata convinzione di essere più vicini al nostro obiettivo di quanto non lo siamo in realtà.

Se le intenzioni non sono sostenute da regole chiare, spiega The Conversation, questo divario può diventare rapidamente un abisso. Ogni giorno dobbiamo prendere molte decisioni su cosa mangiare, se non ci sono regole chiare da seguire rischiamo di ricadere nelle vecchie abitudini piuttosto che seguire le nostre buone intenzioni.

Stabilire delle regole può aiutare a cambiare il comportamento perché riduce il carico cognitivo di un eccesso di decisioni quotidiane.

Data l’associazione lineare tra l’assunzione di carne e i danni alla salute e al pianeta, spiegano le autrici dell’articolo, qualsiasi riduzione della quantità di carne consumata è probabilmente benefica.

Un rapporto della EAT-Lancet Commission on Food, Planet, Health (un gruppo internazionale di scienziati che definisce gli obiettivi per una dieta sana e una produzione alimentare sostenibile) suggerisce che una dieta sana e sostenibile non dovrebbe contenere più di 98 g di carne rossa, 203 g di pollame e 196 g di pesce alla settimana. Più che sufficienti per un banchetto occasionale con gli amici.

(Foto di Skull Kat su Unsplash)

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