Si sta esaurendo l’effetto positivo della sentenza Torregiani sullo svuotamento delle carceri italiane. Il nuovo rapporto sulle condizioni di detenzione (che si può consultare qui) realizzato dall’associazione Antigone si intitola infatti eloquentemente “Torna il carcere”. La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, innescando così un processo di svuotamento delle carceri che era stato accolto con una certa soddisfazione, accompagnata però dalla prudenza dovuta al fatto che le misure emergenziali vanno giudicate sul medio-lungo periodo.

Ne avevamo parlato anche su ZeroNegativo rilevando come, a distanza di tre anni dalla sentenza, la Corte avesse giudicato positivamente i risultati ottenuti dall’Italia in tema di sovraffollamento. Negli ultimi anni si sono ottenuti risultati positivi anche nell’applicazione di misure alternative al carcere, che hanno come conseguenza un fortissimo abbassamento del tasso di recidiva nei detenuti («Per i detenuti in misura alternativa, le revoche di queste ultime riguardano solo il 5,92 per cento del totale. Di queste, solo lo 0,71 per cento è dovuto alla commissione di nuovi reati. Il ricorso alle misure alternative non si accompagna storicamente a una riduzione del ricorso al carcere. Al contrario, storicamente al crescere delle misure alternative cresce anche la popolazione detenuta»). Nonostante questo, l’Italia non è mai riuscita a risalire la classifica europea rispetto al rapporto tra persone che finiscono in carcere e persone destinate alle misure alternative. Venendo agli allarmanti dati contenuti nel nuovo Rapporto, bisogna constatare come l’effetto della sentenza sembri essersi esaurito e la popolazione carceraria sia tornata a crescere costantemente.

Negli ultimi diciotto mesi le persone detenute sono aumentate di 4.792 unità, di cui 1.524 in sei mesi (tra novembre 2016 e aprile 2017). L’associazione Antigone individua tre fattori che hanno contribuito all’inversione di tendenza registrata: «a. Tra il 2010 e il 2014 c’è stata una grande attenzione pubblica sulle carceri e il sovraffollamento, sia giurisdizionale (sentenza Torreggiani del 2013 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che politica (messaggio alle Camere del capo dello Stato, ancora nel 2013). Il messaggio arrivato agli operatori di Polizia e giudiziari diceva loro di ridurre la pressione repressiva. b. Nel frattempo, complice ovviamente l’avvicinarsi delle elezioni politiche, è ripartita una campagna sulla sicurezza che evita accuratamente di fondarsi su dati di realtà ma piuttosto si appella alla “percezione” di insicurezza, adottando un rinnovato atteggiamento repressivo nei confronti soprattutto di persone che vivono ai margini della società. c. Alla fine del 2015 è giunta a scadenza, non rinnovata, la misura straordinaria a tempo della liberazione anticipata speciale, che portava da 45 a 75 giorni il periodo di sconto pena per buona condotta concedibile a semestre».

I meccanismi della politica si innestano dunque pesantemente nei processi di riforma del sistema penitenziario, legando spesso il destino dei detenuti a obiettivi elettorali di breve termine, del tutto estranei al perseguimento di un miglioramento duraturo delle condizioni di vita nelle carceri.

Altri due dati interessanti per capire la qualità della detenzione in Italia sono quelli relativi alla custodia cautelare e alla composizione del personale penitenziario. Per quanto riguarda il primo aspetto, il rapporto dice che l’Italia è il quinto Stato col più alto numero di detenuti in custodia cautelare in Europa: «Al 31 dicembre 2016 i detenuti ancora in attesa di sentenza definitiva (dunque innocenti, fino a prova contraria) erano il 34,6 per cento (in crescita rispetto all’anno precedente, quando erano il 34,1 per cento). La media europea è del 22 per cento. Nel 2008, la carcerazione in assenza di condanna definitiva riguardava il 51,3% dei detenuti. Le riforme degli ultimi anni hanno permesso una certa deflazione, senza tuttavia riportarci a soglie accettabili, in linea col resto d’Europa». Dal punto di vista del personale, si registra una grande sproporzione verso la presenza di agenti di polizia penitenziaria, rispetto agli educatori e al personale medico e paramedico. «I poliziotti penitenziari rappresentano l’89,36 per cento del personale, gli educatori il 2,17 per cento. La media europea di agenti presenti negli istituti rispetto al totale del personale è del 68 per cento. Il rapporto fra detenuti e agenti in Italia è di 1,67: per ogni poliziotto poco più di un detenuto e mezzo. In Francia è 2,5, in Spagna 3,7, in Inghilterra e Galles 3,9».