Nei giorni scorsi è stato pubblicato il rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) sullo stato delle carceri italiane. I commissari hanno visitato alcuni centri di detenzione nell’aprile del 2016, rilevando aspetti molto critici relativi a un problema che fino a non molto tempo fa sembrava in via di soluzione: il sovraffollamento. Va precisato che, rispetto a quando sono state fatte le rilevazioni, la situazione è ulteriormente peggiorata. Si legge in un articolo del Foglio del 6 settembre che «il tasso di sovraffollamento nelle strutture penitenziarie italiane è tornato paurosamente a crescere, passando dai 52.164 detenuti reclusi nel gennaio 2016 ai 56.766 di fine luglio di quest’anno, quasi 5mila in più, a fronte di una capienza di 50 mila posti (tasso di sovraffollamento al 113 per cento)».
Certo non siamo più ai livelli precedenti al caso Torregiani, ma la condanna evidentemente non ha innescato un profondo processo di riforma del sistema carcerario italiano. Il fenomeno è stato aggirato con provvedimenti che hanno portato a una rapida diminuzione del numero dei detenuti, ma da subito è cominciata una sua lenta ma inesorabile risalita. E non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità della reclusione. Lo spazio vitale minimo perché non si possa parlare di “trattamento degradante” per la persona in molti casi non è rispettato: «Il comitato contesta la posizione delle autorità italiane secondo cui basta garantire in cella a ogni detenuto 3 metri quadrati – scrive La Stampa –, soglia sotto la quale la Corte di Strasburgo riscontrerebbe una violazione per trattamenti inumani e degradanti. Nel rapporto ribadisce che il Paese deve invece rispettare gli standard fissati dal comitato: lo spazio vitale, esclusi i sanitari, in cella singola deve essere di 6 metri quadrati e 4 in una cella con più occupanti».
Tutto ciò stride se confrontato con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Andrea Orlando, che si spinse a dire – riporta il Foglio – che «il nostro Paese viene indicato dal Consiglio d’Europa come esempio da seguire nell’affrontare il tema del sovraffollamento». Sul breve periodo siamo certamente d’accordo, visto che Orlando è riuscito dove molti prima di lui avevano fallito. Purtroppo però (e c’era da immaginarselo), problemi strutturali hanno bisogno di riforme altrettanto articolate, anche con la collaborazione del Parlamento e di altre componenti del governo, cosa che evidentemente è mancata.
Le condizioni di vita precarie nelle carceri sono probabilmente collegate anche ai suicidi che ogni anno avvengono nei centri di detenzione: «40 il numero dei suicidi avvenuti nelle carceri italiane dall’inizio del 2017 (basti pensare che nel 2016 furono 45 durante tutto l’anno, e ora siamo solo agli inizi di settembre)». L’associazione Antigone riprende altri aspetti negativi evidenziati dal rapporto, ossia «l’assenza di attività (meno del 20 per cento dei detenuti sono impegnati in attività lavorative) e l’utilizzo eccessivo del regime dell’isolamento, soprattutto per persone con tendenze suicide e autolesionistiche, dove capita si sia tenuti anche in condizioni materiali deplorevoli e dove non venga garantito un sufficiente e adeguato monitoraggio dei detenuti. Inoltre l’isolamento diurno oltre i tre anni viene indicato come trattamento disumano». L’assenza di attività è particolarmente grave se si considera che questa è collegata a un alto tasso di recidiva da parte dei detenuti. Al contrario, quando i carcerati hanno la possibilità di lavorare, studiare, o dedicarsi ad attività stimolanti, il numero di coloro che dopo il rilascio tornano il carcere si riduce drasticamente (lo spiegavamo qui).
In chiusura, il Comitato per la prevenzione della tortura evidenzia anche alcune note positive, tra cui: «il regime della sorveglianza dinamica che si applica ormai in molte carceri nei reparti di media sicurezza e la nomina del Garante nazionale delle persone private della libertà personale. Anche la riforma della sanità con il passaggio alle Asl è vista con favore dagli esperti del Comitato, pur permanendo alcune situazioni critiche».
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