Su alcuni giornali compaiono da giorni titoli allarmistici su una stazione spaziale cinese fuori controllo, pronto a entrare nell’atmosfera terrestre. L’astrofisica Patrizia Caraveo spiega su La Domenica del Sole 24 Ore perché, se anche alcuni detriti potrebbero arrivare fino a terra, è meglio tenere gli occhi aperti su ciò che ci succede intorno, piuttosto che in cielo.

La percezione del pericolo è istintiva e molto poco razionale. Ci rifiutiamo di considerare pericoloso ciò che facciamo normalmente, mentre tendiamo a preoccuparci per quello che è insolito. Non abbiamo problemi a salire in auto per fare un lungo viaggio, anche se gli incidenti stradali sono una triste consuetudine. Per contro, sono in molti ad avere paura dell’aereo che, invece, è (di gran lunga) il mezzo di trasporto più sicuro.

Come Obelix, che teme che il cielo gli caschi addosso, siamo particolarmente sensibili al pericolo rappresentato da quello che rischia di colpirci dall’alto. È qualcosa totalmente al di fuori del nostro controllo, sia che si tratti di sassi celesti, sia che si tratti di rottami spaziali. Rientra in quest’ultima categoria l’allarme suscitato per il rientro della defunta stazione spaziale cinese. Si chiama Tiangong-1 (significa palazzo celeste) e non viene più utilizzata perché non è più controllabile. Come tutti gli oggetti in orbita bassa è destinata ad un rientro bruciante. L’attrito di quel poco di atmosfera che resta all’altezza di qualche centinaio di km agisce come un freno che rallenta in modo impercettibile ma continuo ed inesorabile la corsa del satellite. Velocità più basse implicano orbite più basse dove l’attrito diventa sempre più importante, causando un effetto valanga che fa scendere sempre più l’oggetto orbitante fino a farlo bruciare nell’atmosfera. Può succedere che non tutto si consumi e che qualcosa arrivi fino a Terra. Per questo è importante poter controllare (con motore e carburante) le operazioni di rientro evitando che i ricordini vadano a colpire aree densamente abitate.

Per sicurezza, i rientri sono programmati per avvenire nell’oceano Pacifico nel mezzo di niente. È quello che è successo alla stazione spaziale MIR, abbandonata perché obsoleta (e sporca), ma ancora funzionante.

Per evitare la stessa sorte la Stazione Spaziale Internazionale viene spinta verso l’alto ad intervalli regolari utilizzando i motori ed il carburante delle navette che arrivano per portare i rifornimenti. Quando si deciderà che è arrivato il momento di rottamarla, verrà fatta precipitare nel Pacifico.

Il problema della Tiamgong-1 è l’impossibilità di controllare la caduta, cosa che rende buona parte della Terra a rischio (bassissimo) di impatto con qualche rottame bruciacchiato. Dal momento che il «palazzo celeste» è stato lanciato dalla base di Jiuquam (che si trova nella Mongolia Interna), l’orbita è inclinata di 43°, grossomodo la latitudine della base. Questo significa che il «palazzo», presto o tardi, sorvola ogni parte del pianeta situata tra latitudine +43° e -43°, cioè buona parte delle nazioni più densamente abitate. Tutta l’Africa, il medio Oriente, gli stati del golfo Persico, l’Afghanistan, l’India, il Pakistan, l’Indonesia, il sud est asiatico, la Cina, il Giappone, l’Australia con la nuova Zelanda, il centro ed il Sud America e buona parte degli USA e dell’Unione Europea. Focalizzandoci sull’Italia, vediamo che le regioni centrali e meridionali, così come le isole, potrebbero essere interessate, ma vorrei rassicurare i lettori: la probabilità di essere colpiti da un rottame di Tiangong-1 è minuscola, inferiore di quella di essere colpiti da un fulmine o da un pezzo di mobilio lanciato da qualcuno.

Visto che l’orbita (che viene monitorata con grande attenzione) cambierà nelle ultime fasi, è impossibile calcolare la data esatta del rientro ed identificare una zona di caduta. Le ultime stime parlano dei primi giorni di aprile. Potrebbe essere ovunque o da nessuna parte, in mezzo al mare.La buona notizia è che, dopo il rientro, non ci sarà più ragione di avere paura di essere colpiti. Oppure sì, visto che la caduta dei mobili è molto più pericolosa di quella dei detriti spaziali.

(Photo by NASA on Unsplash)