Finalmente l’Europa sembra aver raggiunto un primo accordo per adottare politiche che limitino la possibilità degli operatori finanziari di speculare sui prezzi dei generi alimentari. Su ZeroNegativo siamo tornati più volte sull’argomento (qui l’ultima volta). Nella notte del 15 gennaio scorso, i rappresentanti del Parlamento europeo, della Commissione europea e dei governi degli Stati membri hanno raggiunto l’accordo sulla riforma della direttiva MiFID (Markets in Financial Instruments Directive). Per quanto riguarda il cibo, riporta Unimondo.org, «verranno introdotti dei limiti di posizione: significa che un operatore finanziario non potrà mai avere in mano oltre una certa quota di titoli legati al mercato di una determinata materia prima; questo per evitare che possa influenzarne l’andamento a partire dai propri interessi, non necessariamente coincidenti con quelli degli altri».
In generale, la via intrapresa con questo MiFID 2 (sul quale l’accordo non è stato ancora formalizzato, si tratta solo di linee guida) è quella di una maggiore trasparenza negli scambi e tracciabilità anche per derivati e titoli obbligazionari. «Per la prima volta in Ue, agiremo per impedire la speculazione sui beni alimentari» ha detto la vicepresidente della Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo (Econ) Arlene McCarthy. «Prezzi alti e volatili hanno un impatto devastante sui paesi poveri e dipendenti dal cibo». «Abbiamo combattuto duramente, lavorando a stretto contatto con le ong, così da assicurare la creazione di un sistema efficace di limiti da imporre agli operatori finanziari» ha proseguito la McCarthy. «Abbiamo raggiunto tutto questo nonostante l’opposizione del governo britannico e dei conservatori».
Tutta da vedere l’efficacia delle riforme immaginate dai decisori europei, ma l’indirizzo intrapreso è interessante. Sul sito della campagna “Sulla fame non si specula” si legge un commento di Giorgio Bernardelli, giornalista del Pime di Milano e tra i portavoce dell’iniziativa: «Per la prima volta vengono introdotti limiti alla speculazione finanziaria sulle commodities e si pone un argine allo scandalo della speculazione sulle materie prime agricole, cioè quel meccanismo che rende oggi possibile arricchirsi con le fluttuazioni sui mercati internazionali dei prezzi di prodotti come il frumento, il mais o la soia. Un meccanismo che ha anche un rovescio della medaglia: accentuando la volatilità dei prezzi, si rischia (almeno nel breve periodo) di rendere più drammatici gli effetti di fenomeni come una carestia o un’inondazione nei Paesi più poveri».
Più che di celebrare un successo si tratta quindi di osservare con moderato ottimismo una discussione che potrebbe avere una ricaduta positiva su un fenomeno, quello della fluttuazione dei prezzi del cibo a fini speculativi, in grado di fare vittime umane. Conclude così Morya Longo sul Sole 24 Ore: «Per ora ci sono tante belle speranze ma poca concretezza. Anche perché già ora il mercato si sta orientando verso la quotazione su listini di alcuni derivati standardizzati. È interesse degli operatori avere mercati, su alcuni prodotti derivati, con scambi più veloci e automatizzati. La normativa, insomma, non sembra forzare la mano, ma assecondare un cambiamento già in atto. Per essere veramente efficace, per portare veramente una salutare trasparenza, serve più coraggio. Vedremo le prossime mosse».