È stato presentato dal governo nei giorni scorsi un decreto per il rilancio della cultura in Italia. Un testo che, ovviamente, da solo non rivoluzionerà il sistema nel suo complesso, ma introduce alcune novità che contribuiscono a dare il segnale di un cambio di direzione. Ne parla il sito del mensile Vita, spiegando che «Due sono le misure più significative, la prima è un programma straordinario di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, per il quale verranno arruolati 500 giovani under 35 per un tirocinio di 12 mesi. Il progetto parte in quattro regioni pilota -Puglia, Campania, Calabria e Sicilia-, con i primi 100 ragazzi. Ma la misura più significativa che finalmente mette fine ad una di quelle regole assurde e inamovibili che caratterizzano la gestione della cultura in Italia è la seconda: dal 2014 il Ministero dell’economia restituirà ai musei gli introiti diretti dei biglietti».
In effetti, se fossero effettivamente portate a compimento, le iniziative introdotte con il decreto potrebbero dare una decisa spinta verso la nascita di un vero “mercato culturale” in Italia, cosa che al nostro Paese manca. Spesso vantiamo di avere sul territorio il maggior numero di opere d’arte e siti d’interesse culturale al mondo, ma ancora più spesso dimostriamo di non sapere prendercene cura e trarne profitto. Sarebbe infatti importante che la cultura fosse messa nelle condizioni di finanziarsi da sola. I guadagni così maturati potrebbero essere messi a frutto per creare nuova cultura, giacché “fare cultura” non è solo esporre ciò che abbiamo ereditato dal passato, ma saper dare lo stimolo (e i soldi) affinché gli artisti di oggi possano produrre il patrimonio di domani.
L’attuale sistema non incentiva musei ed enti pubblici a sforzarsi di aumentare il numero degli ingressi e soprattutto dei biglietti venduti: «In Italia infatti vige una regola (approvata nel 2008 dal governo Prodi: i nemici della cultura non stanno solo nel centrodestra…) in base alla quale gli incassi degli Uffizi, per fare un esempio, finiscono insieme a quelli del più piccolo museo statale al Ministero dell’economia, il quale provvede a girarne la metà al Ministero dei beni culturali, che poi provvede alla redistribuzione secondo criteri che non sono proporzionali ai maggiori o minori incassi ottenuti». Tale impostazione ha fatto segnare un aumento degli ingressi gratuiti, che hanno di certo fatto crescere le statistiche degli accessi, ma senza produrre incassi, nella consapevolezza che tali fondi sarebbero finiti per la maggior parte altrove. «Secondo dati 2012 sono entrati gratis uno su due dei visitatori dei musei in Campania e nove su dieci (1.347.316 contro 140.876) in Friuli-Venezia Giulia. Complessivamente lo scorso anno sono entrati gratis nei musei italiani venti milioni su 36 milioni di visitatori complessivi. Solo 16 milioni quelli che hanno pagato».
Con le novità introdotte dal decreto questo fenomeno dovrebbe bruscamente interrompersi, perché ogni museo dovrà impegnarsi per badare alla propria sopravvivenza. Certo, c’è il rischio che molti enti non siano preparati a tale cambiamento. Una dirigenza culturale che ha sempre pensato più a intercettare fondi e finanziamenti dallo Stato e dall’Europa potrebbe non essere in grado di guidare il settore verso la costruzione di un pubblico di riferimento che sia fonte di sostentamento. Nel caso, sarebbe l’occasione per qualche nuova nomina tra i dirigenti, un po’ di turnover non potrebbe che giovare. Come scrive Simone Seregni per Osservatorio culturale del Piemonte, «La sfida per la cultura è quella di riuscire ad inserirsi all’interno delle dinamiche di uno sviluppo sostenibile, orientandosi ad una progettualità che sia economicamente virtuosa e in grado di rispondere ai bisogni sociali».
Il decreto si occupa anche di una questione diventata drammaticamente d’attualità negli ultimi anni, ossia il “caso Pompei”. Del sito archeologico campano si occuperà la nuova Soprintendenza archeologica, svincolata da quella di Napoli e Caserta. Pompei avrà un direttore generale del progetto Pompei che dovrà «definire le emergenze, assicurare lo svolgimento delle gare, migliorare la gestione del sito e delle spese», ha spiegato il ministro Massimo Bray.