Secondo un’inchiesta pubblicata qualche giorno fa, lo Stato ha speso, tra il 2013 e i primi mesi del 2014, 50 milioni di euro per la «fornitura di servizi giornalistici». Sostanzialmente, contratti con agenzie di stampa e periodici. Come riporta Gabriella Colarusso nel suo articolo, la legge consente questo genere di spesa per «garantire alle amministrazioni dello Stato una completa informazione» e per «assicurare una adeguata informazione sull’attività delle istituzioni ai cittadini e agli addetti ai lavori». Che è cosa buona e giusta, ma l’entità dell’esborso non può che lasciare perplessi, soprattutto leggendo che «l’acquisto dei servizi giornalistici è stato fatto in molti casi con affidamento diretto, dunque senza gara pubblica».
Prima di andare a vedere chi prende quanto, facciamo notare una curiosa coincidenza, ossia che tutto questo accade proprio quando la graduale riduzione dei finanziamenti pubblici all’editoria è giunta a compimento. Oggi sono infatti un terzo rispetto a qualche anno fa, e questa misura suona come una compensazione per tutti quei soldi che, a causa della nuova normativa, non arrivano più. «Nel 2010 [la quota complessiva] era di 150 milioni – scriveva ilPost.it a gennaio – nel 2012 si è passati a 80 per arrivare a 52 del 2013. L’articolo 167 della legge di stabilità approvata dal governo Letta lo scorso dicembre prevede un “fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria” da 120 milioni di euro nei prossimi tre anni: 50 milioni per il 2014, 40 milioni per il 2015 e 30 milioni per il 2016». Complessivamente si sono ridotti di molti i soggetti aventi diritto di accesso ai finanziamenti diretti, mentre restano agevolazioni fiscali di varia entità (e difficilmente quantificabili) un po’ per tutti.
In ogni caso, ci chiediamo come mai si spendano ulteriori 50 milioni di euro quando la legge prevede già un fondo destinato all’editoria. Che non si tratti semplicemente di contratti di fornitura di servizi, ma di un supporto “mascherato”, si evince da particolari del genere: «Nel 2013, la cifra più consistente è andata all’agenzia Adnkronos, di proprietà di Giuseppe Marra: 8.986.820 euro. E per il 2014 è stato appena stipulato un nuovo contratto per altri 8.986.820 euro. In tutto fanno circa 18 milioni di euro di soldi pubblici a un editore che ha annunciato un piano di tagli lacrime e sangue per la sua testata che prevede 23 licenziamenti e contro il quale i giornalisti sono in mobilitazione da settimane». Ad altre agenzie ben note non è andata peggio: «L’altra agenzia di stampa cui nel 2013 sono andati un bel po’ di soldi è quella di proprietà dell’Eni, l’Agi: 9.200.300 euro. Il contratto di fornitura di servizi giornalisti con l’Ansa, invece, sempre per il 2013, è stato di 7.256.840; quello con l’Asca di 2.998.800. E quest’ultima si è già assicurata anche la copertura per il 2014».
Vi lasciamo andare avanti da soli nello scorrere nomi e cifre dall’articolo a cui abbiamo fatto riferimento più volte, crediamo si sia capito il senso di quanto andiamo dicendo. Un’altra domanda interessante la pone Francesco Costa, in merito a finanziamenti e innovazione: «I soldi del governo servono a tenere in piedi aziende che altrimenti non sarebbero in grado di stare sul mercato, oppure fanno sì che per queste aziende l’idea di “stare in piedi sul mercato” – cambiando, innovando, gestendo meglio le loro risorse, fornendosi di personale e pratiche adeguate ai nostri tempi – non sia poi così prioritaria e pressante, e quindi di fatto non lo saranno mai?». Osservazione per niente banale che al momento, così come le nostre riflessioni, resta senza risposta.