I sintomi della depressione non sono sempre evidenti. Nel tempo possono comparire e sparire. Ma un nuovo studio ha mostrato che i meccanismi cerebrali alla base della depressione rimangono invariati per tutta la vita. Il più grande studio di imaging (o diagnostica per immagini) nel suo genere ha scoperto che una particolare rete cerebrale coinvolta nel dirigere l’attenzione verso gli stimoli esterni è quasi due volte più grande nelle persone affette da depressione rispetto al resto della popolazione, e rimane così anche quando una persona non si sente più depressa.
I risultati, spiega un articolo su Nature, rappresentano un passo avanti verso l’individuazione di un marcatore biologico della depressione, che attualmente viene diagnosticata principalmente tramite questionari. Gli autori dello studio affermano però che la loro scoperta dovrebbe essere convalidata in altre popolazioni prima di essere utilizzata a livello clinico.
La tecnica usata, chiamata risonanza magnetica funzionale (fMRI), consente ai ricercatori di studiare le reti di neuroni che collegano tra loro diverse parti del cervello e di misurare la quantità di segnali che passa attraverso queste reti.
Il gruppo di ricerca ha consultato dati esistenti contenenti immagini fMRI di persone sottoposte a scansioni ripetute nel tempo: 135 persone con disturbo depressivo maggiore, che causa sintomi gravi e duraturi, e 37 partecipanti sani. In quasi tutte le persone affette da depressione, hanno scoperto che un circuito cerebrale noto come rete di salienza era quasi due volte più grande rispetto al gruppo di controllo. La rete di salienza è di per sé un connettore tra altri circuiti cerebrali, spiega Nature. È coinvolta nella commutazione del cervello tra consapevolezza interna e memoria di lavoro e aiuta il cervello a decidere a quali stimoli ambientali ed emozioni interne prestare attenzione.
I risultati hanno portato gli scienziati a sospettare che una rete più estesa metta le persone a maggior rischio di depressione, piuttosto che esserne un semplice biomarcatore. I ricercatori non sono sicuri di quali siano le cause dell’espansione della rete, ma hanno formulato alcune ipotesi. Le grandi reti di salienza potrebbero essere un tratto genetico, dato che la depressione è in parte ereditabile. Oppure, la rete potrebbe essere sovrautilizzata durante un episodio depressivo, ad esempio se una persona si ferma a ruminare su stimoli negativi, e crescere in risposta.
Lo studio ha colpito altri scienziati. Secondo alcuni la dimensione della rete di salienza di un bambino potrebbe un giorno essere utilizzata per identificare se è a rischio di depressione e per intervenire con una terapia per ridurre la probabilità della malattia. Altri sono rimasti impressionati dal fatto che ha seguito gli individui nel tempo invece di esaminare un gran numero di persone.
Il team, conclude Nature, sta ora studiando se la rete di salienza ampliata sia correlata ad altre malattie mentali che condividono alcuni sintomi con la depressione, come il disturbo bipolare e il disturbo ossessivo compulsivo.
(Immagine da freepik)
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