È arrivata l’estate, e come ogni anno si pone il problema per le persone con disabilità (e le loro famiglie) di poter fare delle vacanze davvero rilassanti e prive dei problemi di accessibilità che già nel quotidiano delle nostre città devono affrontare. In questi giorni è possibile partecipare a un sondaggio che si occupa proprio di rilevare quanto siano accessibili i luoghi di vacanza in Europa. Si tratta di uno studio lanciato da Enat (European network for accessibile tourism) ed è parte di un’indagine della Commissione europea. Il questionario si trova su internet a questa pagina (in italiano), e chiede a chi lo compila di raccontare e dare un giudizio sulla propria esperienza turistica nei Paesi europei. Facilità di raccolta delle informazioni, strutture adeguate, servizi di trasporto, qualità e accessibilità degli alloggi, possibilità di accedere alle principali attrazioni turistiche (musei, parchi, luoghi di cultura, locali), disponibilità di tour operator specializzati.

In Italia, spiega il sito SuperAbile, su quest’ultimo elemento l’offerta non manca, anche se si tratta di un mercato ancora tutto da esplorare. Roberto Vitali, presidente di Village for all, stima che vi sia un bacino potenziale di 5 milioni di persone (75 milioni in Europa) che potrebbero essere raggiunte da un’offerta ad hoc che vada incontro alle diverse esigenze di mobilità. E i numeri non tengono conto degli accompagnatori, quindi andrebbero moltiplicati almeno per tre. Già, perché non bisogna dimenticare che quella del turismo organizzato per la disabilità è un’attività utile, che può semplificare la vita a molte persone, ma è anche un’opportunità di business da non sottovalutare. Chiunque sia disposto (e ne abbia la possibilità) a spendere dei soldi per pagare qualcuno che gli organizzi tappe e trasferimenti della vacanza, sarà ancora più stimolato a farlo se il tour operator è in grado di farsi carico di ogni tipo di esigenza. Quest’ultimo di solito si appoggia ad associazioni che si occupano di monitorare hotel, villaggi turistici, aeroporti e stazioni per trovare le migliori strutture in grado di accogliere ogni tipo di visitatore.

Come si può facilmente intuire, oltre agli obblighi di legge sull’accessibilità, che andrebbero sempre assolti, c’è anche un aspetto qualificante per chi decide di dotare i propri spazi dei necessari accorgimenti. Piccoli investimenti che possono aiutare a far ripartire il settore turistico, puntando su un concetto aperto di all inclusive, che vada oltre i braccialetti necessari a ordinare infiniti cocktail al bar dell’albergo, e punti, invece che alla vacanza “esclusiva” (termine che a questo punto assume un’accezione nettamente negativa), a quella “inclusiva”. È un consiglio che vogliamo dare a chi opera nel settore: non si tratta di avere buon cuore, ma di allargare il proprio target e quindi, in sostanza, fare più soldi, facendo divertire più persone. Diciamo questo perché quando si parla di turismo e accessibilità si finisce spesso per farne una questione etica, vivendo l’adeguamento di strutture esistenti in favore delle persone disabili come un gesto caritatevole. Non è (solo) così. Chiunque si occupi di business dovrebbe essere in grado di vedere che il modo migliore per eliminare ogni tipo di pietismo verso il disabile è trattarlo come tutti gli altri, e quindi lasciare che questi possa dare i propri soldi a chi è in grado di accoglierlo con un servizio all’altezza.