Nella surreale polemica che sta contrapponendo chi è contrario e chi è favorevole ai vaccini, è bene ricordare com’è andata la prima campagna di vaccinazione su larga scala, che in una decina d’anni ha eradicato del tutto il virus responsabile del vaiolo. Se negli anni ’70 fossero stati altrettanto attivi e battaglieri gli odierni movimenti “no vax”, oggi saremmo ancora alle prese con focolai di quella terribile malattia, e magari saremmo ancora costretti a inocularci il vaccino. Che è poi quello che ha dato origine anche al termine “vaccino”, visto che c’entrano i bovini.
Prima di entrare nella ricostruzione di com’è andata quella volta, occorre fare una distinzione che spesso tende a perdersi nella contrapposizione netta tra chi è “pro” e chi è “contro”. Nel doversi schierare nettamente in una delle due “tifoserie”, chi ha fiducia nell’efficacia dei vaccini (che non è un’opinione, ma un fatto scientifico) rischia di passare per qualcuno che non vede l’ora di vaccinare se stesso e i propri figli per qualsiasi cosa. Crediamo fermamente che non esista questa categoria di persone. Il “pro vax” è una creazione del “no vax”. Prima che si diffondesse l’epidemia del sospetto (per la quale non è ancora stato individuato il vaccino, è evidente), i ridottissimi rischi legati all’inoculazione dei vaccini erano conosciuti ma tollerati.
Negli anni, ogni Paese ha modificato l’elenco di vaccinazioni consigliate o obbligatorie, a seconda dell’andamento delle epidemie o della copertura (com’è noto bisogna arrivare al 95 per cento della popolazione per ottenere la cosiddetta “immunità di gregge”). Recentemente l’Italia ha modificato questo elenco, arrivando a renderne obbligatori 12, poi scesi a 10 dopo un emendamento. La Francia sta andando nella stessa direzione e ha annunciato che entro il 2018 i vaccini obbligatori passeranno dai tre attuali a undici. Come si può vedere, non c’è un atteggiamento monolitico da parte delle istituzioni. Gli organi scientifici propongono le loro rilevazioni e valutazioni, li propongono alla politica, che le osserva e decide ciò che ritiene opportuno. È chiaro che in questa fase possono essere prese decisioni diverse, in base a come ognuno interpreta i dati. È qui, alla fine del processo, che possono intervenire delle opinioni. Su quali vaccini è giusto inoculare, a che età, se è bene renderli obbligatori o solo consigliati, su chi debba sostenere i costi e su come trovare le coperture, ecc.
Il problema del “no vax” è che le opinioni arrivano molto prima, cioè proprio all’inizio del discorso: siamo sicuri che i vaccini siano una cosa buona? Nel caso ci fossero dubbi, riprendiamo qualche passaggio da un post pubblicato da Paolo Piergentili, medico epidemiologo, sul blog Noise From Amerika. Egli ricorda la vicenda del vaiolo, il cui vaccino fu scoperto nel 1796 dal medico inglese Edward Jenner, osservando come la variante bovina fosse innocua per gli uomini. Iniettando quest’ultima negli esseri umani li si poteva rendere immuni all’altro virus del vaiolo, quello pericoloso per l’uomo. Ci vorranno molti anni prima che la sua scoperta diventi una terapia sicura e verificata. Senza quella scoperta, però, non sarebbe mai partita la campagna di eradicazione che dal 1967, nel giro di una decina di anni, portò alla totale scomparsa del virus. Tanto che ormai da molti anni non è nemmeno più prevista la vaccinazione.
«La campagna di eradicazione è stata condotta in modo molto intelligente – scrive Piergentili –. Non è stata una campagna di vaccinazione di massa. Sono stati messi in atto sistemi di rilevazione di casi e focolai epidemici, ed una volta individuatone uno, tutti i contatti e le persone presenti in un’area di un chilometro attorno alla residenza venivano immediatamente vaccinati. Un po’ come con la xylella fastidiosa e gli ulivi in Puglia, terra bruciata al virus. In tal modo si otteneva il massimo effetto con il minimo sforzo. Un primo tentativo di eradicazione negli anni 50 è fallito per una serie di problemi organizzativi e finanziari. Ma poi tutti ci si sono messi di buzzo buono, ed in dieci anni, dal 1967 al 1977, la malattia è stata eradicata». È bene dunque informarsi, cercare di capire se chi decide per noi stia andando nella direzione giusta, ma è altrettanto importante selezionare le fonti a cui dare credito. Vedere complotti dietro ogni angolo può essere una gran perdita di tempo, e può far perdere di vista problemi grandi e concreti, come le epidemie.
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