di Federico Caruso

Virginia Eubanks, docente di scienze politiche all’università di Albany (New York), ha pubblicato un libro in cui denuncia come la risorsa dei big data, applicata ai sistemi di welfare, sia diventata negli Stati Uniti uno strumento di controllo sociale e di screditamento delle misure a supporto della povertà. Come spiega Vox in un’intervista all’autrice, nel libro (che si intitola Automating Inequality e al momento non è tradotto in italiano) si fa una serie di esempi in cui l’utilizzo dei dati è sfruttato per introdurre distorsioni nei parametri di assegnazione delle misure di sostegno.

Per esempio, nel 2014 il governatore del Maine Paul LePage ha pubblicato una lista di oltre 3mila transazioni effettuate dai beneficiari delle Ebt cards (quelle che in Italia chiamiamo social card). Nell’elenco sono state messe in luce tutte le volte in cui le carte sono state utilizzate per pagamenti in strip club, negozi di bevande alcoliche, oppure bar, in modo da rinforzare gli stereotipi negativi secondo cui le risorse investite verso questo tipo di strumenti sono uno spreco per lo Stato. Ovviamente, la lista rappresentava una quota minoritaria rispetto al totale delle transazioni, ma è comunque servita a LePage per dare sostegno alle sue proposte di tagli netti sulle misure contro la povertà.

In generale, Eubanks mette in guardia dall’eccessiva fiducia nei sistemi di calcolo basati su algoritmi, che si propongono di stabilire con precisione infallibile a chi vadano estesi determinati interventi di supporto. Oltre a non garantire l’infallibilità, questi sistemi hanno l’effetto collaterale di permettere allo Stato di esercitare un controllo invadente e continuo sulla popolazione. Inoltre, è come se si partisse dal presupposto che il cittadino ha per definizione intenzione di truffare lo Stato, e cerchi di avere accesso a benefit che non gli spetterebbero.

Per fare un esempio concreto, nel libro si parla di un uomo, Gary, che a sessant’anni vive per strada, a Los Angeles. Nel fare domanda di ammissione a un servizio per l’assegnazione di un’abitazione, ha dovuto rispondere a un questionario molto approfondito, che tra le altre cose gli chiedeva di specificare se fosse coinvolto in attività illegali. Il paradosso è che rispondendo in maniera affermativa avrebbe guadagnato molti punti, perché si tratta di un parametro che identifica un elemento di vulnerabilità del soggetto. Queste informazioni sono però condivise con la polizia di Los Angeles, che ha libero accesso ai dati. Così Gary, che era già stato più volte in prigione per piccoli reati, si è trovato a essere segnalato come “sospetto” dal database, e invece di ottenere una casa è stato arrestato per crimini che nega di avere commesso. All’uscita di prigione, oltre ai problemi di salute che si porta dietro, ha perso anche la sua rete di contatti, la baracca in cui viveva, la sua documentazione. In più, la beffa: la carcerazione è considerata come servizio di housing, quindi ora il suo livello di priorità è sceso ulteriormente: per lo Stato è una persona meno vulnerabile di prima.

Sono storie interessanti, che fanno capire quanto le tecnologie, una volta che entrano in gioco, diventano un soggetto attivo del sistema. Le intenzioni di chi le ha progettate hanno un peso relativo, mentre è l’applicazione pratica a renderle più o meno pericolose in termini di controllo sociale. Il sospetto, per Virginia Eubanks, è che le fasce più povere della popolazione siano solo “cavie” di una fase sperimentale, in un meccanismo di controllo che, nel tempo, andrà a colpire anche le classi benestanti. Una visione piuttosto cupa, ma che non si può escludere del tutto.

Abbandonando le implicazioni apocalittiche, in Italia il sistema della carta acquisti (detta anche social card) è arrivato al suo decimo anno di applicazione. L’attuale governo ne ha riformato il sistema, che dal 1° gennaio 2018 ha cambiato denominazione da Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) a Rei (Reddito di inclusione). Confrontando i dati Inps disponibili (2010 e 2013), si vede come la misura abbia coinvolto finora circa 500mila persone all’anno. Secondo i calcoli dell’economista Massimo Baldini, il Rei dovrebbe invece riguardare circa 440mila famiglie. Considerando che secondo i dati Istat i nuclei in condizione di povertà assoluta nel 2016 erano 1 milione e 619mila, meno di uno su tre sarà interessato dal provvedimento. Che, come scrivevamo tempo fa, per quanto non sufficiente, è comunque una misura importante nella lotta alla povertà.

(Foto di Ben Hershey su Unsplash)