La pubblicazione del rapporto “Child safety online: global challenges and strategies” da parte dell’Innocenti research center dell’Unicef ci permette di tornare su un tema affrontato in uno dei primi post su ZeroNegativo, ma sul quale è bene non abbassare mai la guardia: il cyberbullismo (e tutto il corollario di reati perpetrati online a danno di minori).
Con un approccio globale, il documento informa che sono almeno 16.700 i siti web che contengono decine di migliaia di immagini pedo-pornografiche. Immagini che mostrano bambini alla stregua di oggetti, costretti in pose o pratiche sessuali anche violente. L’età delle vittime, da quando è iniziato il monitoraggio del fenomeno, si è abbassata progressivamente, e in più del 70 per cento dei casi si tratta di ragazzini che non hanno ancora compiuto dieci anni. Dei 196 Paesi studiati, secondo quanto si legge, solamente 45 hanno una legislazione che può essere considerata idonea a combattere il fenomeno.
A questo proposito, è interessante ripescare una notizia pubblicata circa un mese fa dal Corriere, in cui si informa che il Consiglio europeo ha adottato in quella data una serie di norme che danno un giro di vite ai reati di pedofilia. Anche quando arrivano dal web: «I produttori di pornografia minorile rischieranno tre anni [di carcere] e i siti web dovranno essere cancellati. Oltre all’inasprimento delle pene, la direttiva si preoccupa di definire nuove categorie di reati, come l’adescamento online e il turismo sessuale».
Ancora: «Per quanto riguarda i siti web pedopornografici (dove, secondo le stime, ogni giorno vengono pubblicate 200 nuove immagini), se i server che li ospitano saranno sul suolo dell’Ue le autorità giudiziarie dovranno disporne la cancellazione delle pagine. Se invece il server sono fisicamente in paesi esterni alla Ue, le polizie postali dovranno agire per bloccare l’accesso ai siti».
Tornando alla ricerca Unicef, interessante anche il dato sulla percentuale di accesso a internet da parte dei minori. A quanto pare, a livello mondiale c’è un’esplosione dell’utilizzo della rete, soprattutto tramite social network. Negli Usa il 93 per cento dei minori ha acceso al web, in Europa la percentuale è invece ferma intorno al 75 per cento. E il problema non è tanto l’accesso, quanto l’uso che i ragazzi ne fanno, la loro consapevolezza dei rischi che ne derivano e la trascuratezza (spesso figlia di incompetenza informatica) da parte dei genitori.
Possiamo incrociare a questo studio i dati di un’altra ricerca, realizzata dall’osservatorio Open eyes, di Milano. Tra i dati più significativi emersi dall’indagine (di cui qui si possono scaricare alcune slide), da notare come negli ultimi sei mesi il 12,5 per cento degli intervistati (951 studenti delle superiore di una scuola dell’Hinterland milanese) abbia inviato messaggi minacciosi o volgari a qualcuno attraverso la rete; oltre il 6 per cento ha assunto identità fittizie per pubblicare materiale che danneggia la reputazione di altri; il 7 per cento ha ricevuto messaggi che hanno fatto temere per la propria incolumità; oltre il 27 per cento è a conoscenza di compagni che hanno pubblicato materiale minaccia o incita ad azioni violente, il 5,6 per cento dei ragazzi ha divulgato online immagini personali e private di propri coetanei senza averne il permesso, il 7,4 per cento è stato vittima di umiliazioni e pettegolezzi crudeli attraverso la rete; il 35,1 per cento ha visto o è a conoscenza di materiale diffuso online che denigra o umilia appartenenti al corpo docente della propria scuola.
Insomma, il fenomeno merita grande attenzione visti i numeri che muove, e ci auguriamo che interventi volti ad arginare il problema ricevano adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni.