A pochi giorni dall’election day, che ha rinnovato il mandato di Barack Obama per four more years di presidenza degli Stati Uniti, proviamo a raccogliere uno spunto dalla rete utile a capire meglio perché all’Italia è piaciuto tanto seguire questo evento. Per farlo pubblichiamo le dieci “americanate” elencate da Marco Codebò su doppiozero.com. Codebò, che da vent’anni vive e insegna letteratura negli Stati Uniti, nei suoi rientri italiani nota di volta in volta alcune convergenze tra i nostri usi e costumi e quelli del Paese in cui ormai passa la maggior parte del suo tempo. Ma in questo tentativo, forse goffo, in parte inconsapevole, di introiettare nel nostro sistema un po’ di american dream, abbiamo accuratamente evitato, purtroppo, di concentrarci su ciò che rende gli Stati Uniti un esempio di trasparenza nel rapporto tra Stato e cittadino. Il che si capirà meglio con l’esempio che compare più giù, in calce all’elenco.

«Oggi ho provato a fare un elenco delle americanate introdotte in Italia, diciamo negli ultimi quindici anni; è un periodo brevissimo, perché se si parla di cambiamenti culturali, si sa che quelli di solito hanno bisogno di tempi lunghi. Volevo arrivare a dieci. Ci sono riuscito in pochissimo tempo. L’elenco eccolo qua:

1. Le primarie per scegliere i candidati alle elezioni politiche.

2. Dare dei nomi propri maschili o femminili alle ondate di freddo o di caldo, le nevicate, le tempeste di vento e le grandi piogge.

3. Halloween.

4. I centri commerciali (outlet) fuori dalle città.

5. Le schede di valutazione per misurare qualsiasi cosa facciano fare i professori agli studenti.

6. Il brunch, cioè mangiare alle undici di mattina, la domenica, invece di fare la colazione e il pranzo.

7. Chiamare i presidenti delle regioni governatori.

8. Aprire i negozi la domenica.

9. Il presidente del consiglio dei ministri che parla da un podio dove c’è attaccata una placca ovale con su scritto “Presidenza del consiglio dei ministri”.

10. Le cronache degli avvenimenti sportivi fatte da due/tre/quattro giornalisti (due in cabina, uno a bordo campo, uno all’ingresso degli spogliatoi).

Direi che non abbiamo avuto la mano felice nella selezione. Lo dico perché penso a quello che c’è di buono qui e che continuerà a rimanere da questa parte dell’Oceano. Faccio un esempio per chiarire l’idea.

Tutti gli anni, in aprile, la Social Security Administration, l’Inps americana, mi manda una lettera dove mi spiega quanti versamenti ho accumulato, quanti me ne mancano per aver diritto alla pensione, a che età potrò pensionarmi e quali diritti al trattamento di reversibilità può avanzare mia moglie. Tutto questo senza che io l’abbia mai chiesto, in un inglese chiarissimo, con grande cortesia e con l’aggiunta di una serie di siti internet e di numeri verdi per ulteriori informazioni in caso di dubbi.

Ma allora quelle dieci americanate di sopra come sono state scelte? Perché abbiamo preso le cose più idiote? Direi per i soliti motivi. […]

Invece all’idea che il cittadino abbia diritto a una pubblica amministrazione gentile e capace di spiegarsi, beh a quella è evidente che nelle nostre classi dirigenti non ci ha pensato proprio nessuno».