Quindici anni fa, il 10 gennaio 2005, entrava in vigore la legge Sirchia (dal nome dell’allora ministro della Salute, Girolamo Sirchia) che vietava il fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro. Era una legge all’avanguardia, che suscitò reazioni contrastanti nell’opinione pubblica e incontrò l’opposizione della lobby degli esercenti e dei produttori, preoccupati per un possibile calo degli avventori e dei fumatori. La storia ha dimostrato che si è trattato di un successo. Il calo degli avventori non c’è stato, anzi: persone che erano infastidite dal fumo passivo, anche per problemi di salute, si sono trovate finalmente tutelate e quindi la loro possibilità di accedere a spazi pubblici è aumentata. Inoltre il divieto (basato non su una concezione etica dello Stato, ma sulla tutela dei diritti dei non fumatori) ha favorito una riduzione del numero di fumatori che continua ancora oggi.
La legge provocò una riduzione dei fumatori
I dati sulla vendita di sigarette illustrano solo in parte il cambiamento. Infatti, se da un lato la riduzione dei volumi di vendita è stata considerevole (da 92.822 tonnellate nel 2005 a 67.460 nel 2018), altri prodotti hanno assorbito negli ultimi anni quote di mercato. Per esempio il tabacco trinciato (da sigaretta e da pipa) nello stesso periodo ha visto un aumento delle vendite del 500 per cento. Allo stesso modo, le sigarette elettroniche o a tabacco riscaldato hanno raccolto quote crescenti di consumatori. Tuttavia una flessione nel numero dei fumatori c’è stata, secondo i dati che riporta l’Istituto superiore di sanità (Iss). «Secondo l’ultima indagine condotta dall’Istituto superiore di sanità sull’abitudine al fumo degli italiani, i fumatori sono 11,6 milioni, ovvero il 22,0 per cento della popolazione (15+ anni). Gli uomini sono 7,1 milioni (28,0 per cento) e le donne 4,5 milioni (16,5 per cento). Oggi in Italia fumano 970.000 persone: nel corso degli ultimi 15 anni i tabagisti sono passati da 12.570.000 del 2005 a 11.600.000 fumatori nel 2019 facendo registrare un minimo storico di 10.800.000 fumatori nel 2012. Tale diminuzione è riferibile soprattutto alla diminuzione nel numero delle fumatrici, che è passato dal 5.660.000 del 2005 a 4.500.000 nel 2019 (1.160.000 fumatrici in meno). Da notare come nel corso dei successivi tre anni dall’entrata in vigore della legge antifumo, si è potuto assistere ad una diminuzione costante del numero di fumatori che nel 2008 erano scesi fino a rappresentare il 22 per cento della popolazione (26,4 per cento gli uomini, 17,9 per cento le donne). […] Questo effetto non si è purtroppo protratto negli anni successivi, tanto che le percentuali di fumatori rilevate nel 2008 sono assolutamente sovrapponibili a quelle registrate nel 2019». La legge ebbe ricadute positive in generale sulla salute della popolazione. «Si stima che dopo l’introduzione della legge Sirchia, si siano ridotti del 4 per cento i ricoveri per infarto, circa 2.600 ricoveri in meno l’anno, in particolare nella popolazione con meno di 70 anni (Barone-Adesi, 2011)». Inoltre «si sono ridotti i neonati con basso peso alla nascita e, tra i non-fumatori, i decessi per tumore del polmone e per malattie ischemiche del cuore attribuibili a esposizione a fumo passivo nei luoghi di lavoro».
Gli italiani erano pronti
All’epoca dell’entrata in vigore della legge si registrava un certo scetticismo rispetto a una novità così radale nelle abitudini degli italiani. Questi ultimi erano percepiti (e si percepivano) come molto restii alla disciplina e a rinunciare a un gesto molto radicato “solo” perché una legge imponeva loro di farlo. Con sorpresa di alcuni, la nuova norma funzionò subito. Non ci fu bisogno ispezioni massicce e sistematiche per fare in modo che il divieto fosse rispettato. Da subito accendere una sigaretta in un luogo chiuso diventò un gesto universalmente condannato, e uscire all’aperto per fumare divenne la prassi. La sorpresa deriva quindi principalmente da pregiudizi e luoghi comuni. Come si legge su Tobacco Endgame, già nel 2001 l’indagine annuale dell’Iss sul tema del fumo riportava che l’83 per cento degli italiani era favorevole al divieto di fumo nei locali pubblici, e l’85 per cento lo era anche in merito al divieto di fumo nei luoghi di lavoro privati. Nel 2005, sempre secondo l’Iss, le percentuali erano salite al 90 per cento. Con questi dati, non è poi così sorprendente che la nuova regola sia stata metabolizzata così rapidamente. Nonostante ciò, i fumatori sono tuttora moltissimi, e per qu3esto l’Iss dal 2000 ha attivato un servizio di counselling telefonico sul tema del tabacco. Si tratta di un servizio anonimo e gratuito, attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 16.