Rischia di sembrare già obsoleto il nostro post di qualche giorno fa sul taglio al Fondo unico per lo spettacolo (Fus) previsto dalla legge di Stabilità 2010. E invece non lo è.

Partiamo dai fatti. Nei giorni scorsi il governo ha annunciato la volontà di riportare il Fus ai livelli del 2010. Inizialmente è circolata voce, poi smentita, di rimpinguare il Fondo con un aumento di un euro sul prezzo del biglietto del cinema. Accantonata questa ipotesi, la soluzione trovata è stata un’altra: introdurre una nuova accisa sulla benzina, di uno o due centesimi, con la quale i cittadini riporteranno il Fus a 438 milioni di euro. È la solita storia della coperta troppo corta: puoi tirare in ogni direzione, ma sarà sempre scarsa. E a chi si chiede di pagare? A noi, tanto per cambiare.

Questo tipo di approccio presenta più di un elemento che contribuisce a renderlo fallimentare. Innanzitutto, si va a toccare un bene il cui prezzo sta conoscendo grandi oscillazioni a causa degli eventi che stanno scuotendo la stabilità politica di alcuni Stati esportatori di petrolio. Peraltro, oltre ai costi d’acquisto e al rincaro praticato dai distributori, già una serie di accise grava sul prezzo della benzina, per manovre d’emergenza con cui i governi del passato hanno chiesto il solito piccolo sacrificio al cittadino. Queste le principali:
– 0,001 euro per la guerra di Abissinia del 1935;
– 0,007 euro per la crisi di Suez del 1956;
– 0,005 euro per il disastro del Vajont del 1963;
– 0,005 euro per l’alluvione di Firenze del 1966;
– 0,005 euro per il terremoto del Belice del 1968;
– 0,051 euro per il terremoto del Friuli del 1976;
– 0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia del 1980;
– 0,106 euro per la missione in Libano del 1983;
– 0,011 euro per la missione in Bosnia del 1996;
– 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
Come si può ben vedere, questioni che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. E invece, il passato pesa sullo scontrino. Da domani, i due centesimi annunciati potrebbero andarsi a sommare al conteggio. Infine, va notata ancora una volta una cosa. Come al solito, continuiamo a gestire questioni strutturali con un approccio miope. Quando l’anno prossimo questi due centesimi non basteranno più, cosa succederà? Diventeranno quatro, otto, venti? Ancora una volta si perpetua uno stato di emergenza permanente. E non è solo un modo di dire, se continuiamo a pagare per una guerra durata sette mesi e finita proprio nell’anno di nascita dell’Avis di Legnano. Insomma, possiamo ben dire di essere contribuenti della prima accisa.