Tiziano Terzani non piaceva a tutti. Ma era riuscito a guadagnarsi, se non altro, il rispetto da parte di chi non la pensava come lui. Ed è già molto, in un Paese in cui si è soliti concentrarsi sul colore delle parole, invece di fare attenzione al contenuto del messaggio. Ne ha dette e scritte tante, in vita sua. Quella vita (ma lui avrebbe detto quel corpo) che ha lasciato nel 2004, dopo 66 anni passati a scoprire il mondo e se stesso. Senza separare i due concetti, ché l’uno serve a comprendere l’altro, e viceversa.

Tra tutte le innumerevoli citazioni possibili, vogliamo riportarne una sola. Forse non tra le più evocative, e scritta prima che l’autore iniziasse il suo percorso spirituale che lo portò a essere definito, erroneamente, “santone” o “guru”. Quando, in sostanza, Terzani portava ancora i baffi, non la barba. È estratta dal suo libro più celebre, “Un indovino mi disse”, quello che forse rappresenta più di tutti il confine, dopo il quale il suo percorso di uomo e di giornalista confluisce in un discorso unico, quello della vita.

«Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè ad osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare».

Questi pensieri nascono proprio in un periodo in cui Terzani decide di fidarsi di un indovino, che nel 1976 gli aveva predetto di non viaggiare in aereo o in elicottero per un intero anno, il 1993. Sono quindi parole che vengono da un momento in cui l’autore si trova in una situazione completamente nuova, in cui si impegna a continuare a fare il proprio mestiere seguendo ritmi meno serrati. Perché viaggiare via terra o via mare presenta molte più difficoltà rispetto all’aria. Non si possono aggirare gli ostacoli, ogni barriera va affrontata e superata, ogni luogo va vissuto e non semplicemente sorvolato dall’alto. Dopo anni passati in Asia, è forse questo il momento in cui Terzani riesce a cogliere qualcosa di nuovo dai luoghi che ha attraversato mille volte. E dalle sue parole vogliamo partire per imparare anche noi a conoscere e amare di più i luoghi e le persone con cui abbiamo a che fare. Se ogni posto è una miniera, noi dobbiamo essere capaci di scavare. E non è poi così faticoso, basta «lasciarcisi andare, darsi tempo». Proprio quello che non siamo più abituati a prenderci, tempo di guardare, tempo di perdersi per le vie della propria città, tempo di volersi bene a prescindere da tutto e da tutti. Sembra una banalità, ma se imparassimo tutti a scavare potremmo finalmente liberarci da tutto ciò che non va, a livello personale ma anche come Paese. Diverremmo un grande popolo di persone consapevoli e curiose di ciò che le circonda. E quindi, giocoforza, non più disposte ad accettare il sopruso, il compromesso, la prevaricazione. Buon viaggio, e che nessuno si muova.