Dopo la diffusione dei dati sulle unioni civili a otto mesi dall’entrata in vigore della legge, in molti si sono detti sorpresi per il numero di unioni che si sono celebrate, 2.803. Ma se il dato assoluto può indurre a pensare che siano “poche”, confrontandolo con quanto avvenuto in altri Paesi, e alla luce della percentuale di omosessuali in Italia, forse è il caso di ricredersi. Lo spiega Marzio Barbagli su Lavoce.info.

«È un flop», hanno dichiarato alcuni, ricordando le migliaia di manifestanti scesi in piazza a favore del matrimonio gay. «Questo numero – ha affermato d’altra parte Flavio Romani, presidente dell’Arcigay – non è così alto quanto ci aspettavamo»; «noi avevamo previsto che nel primo anno sarebbero corse in comune almeno diecimila coppie».

Come valutare il dato? Ha certamente ragione il senatore Sergio Lo Giudice a dire che «anche se fosse stata una sola coppia a unirsi, l’affermazione di un diritto è sempre un successo». Ma ciò non toglie che sia utile riflettere su queste 2.803 unioni civili. Sono il 2,2 per cento dei matrimoni avvenuti nello stesso arco di tempo. È un valore basso, troppo basso?

Per rispondere è necessario innanzitutto vedere cosa è successo nei paesi che ci hanno preceduto nell’approvazione di una legge simile alla nostra (tabella 1). In Olanda, nei primi dodici mesi di applicazione della nuova legge, nel 2001, i matrimoni di gay e lesbiche furono il 2,9 per cento del totale, in Belgio, nel 2004, il 2,5 per cento, dunque più che in Italia. Ma nei due paesi già dal 1998 vi erano leggi che riconoscevano ai partner di coppie dello stesso sesso molti dei diritti coniugali dei quali godevano gli eterosessuali, anche se non quello di sposarsi.

Più confrontabile con l’Italia è la Spagna, dove, nei primi sei mesi di applicazione della legge del matrimonio, nella seconda metà del 2005, le coppie omosessuali che si unirono furono solo l’1,1per cento dei matrimoni, dunque molto meno che da noi. E anche in Spagna i primi dati provocarono sorprese, delusioni, polemiche. In un altro paese paragonabile per molti aspetti al nostro, il Portogallo, nel 2012, i matrimoni fra persone dello stesso sesso furono solo l’1,2 per cento.

Nel Québec, l’unica provincia del Canada sulla quale abbiamo dati affidabili, la quota del primo anno si è attestata sull’1,2 per cento. Le cose sono andate diversamente in Norvegia, in Svezia e in Francia, tre paesi nei quali il primo anno i matrimoni fra gay e lesbiche hanno superato il 3 per cento e talvolta il 4 per cento del totale. Ma in tutti questi paesi la legge sul matrimonio delle coppie omosessuali era stata preceduta da altre norme che riconoscevano loro altri diritti coniugali, e quelle che si erano unite pubblicamente non erano state moltissime. Si pensi, ad esempio, che nella Francia del 2001, i gay e le lesbiche che hanno formato un’unione con il patto civile di solidarietà (Pacs) sono state solo 1.872, un modestissimo 0,6 per cento dei matrimoni di quell’anno.

Quante sono le persone omosessuali

L’impressione che il lettore può ricavare da tutti i dati della tabella 1 è che la tesi, sostenuta da molte parti, che gay e lesbiche tendano a sposarsi quanto o più degli eterosessuali non trovi conferma. Ma è un’impressione errata, basata su un’idea sbagliata sulle dimensioni della popolazione omosessuale. Le indagini più serie e affidabili condotte nell’ultimo ventennio nei paesi occidentali hanno mostrato che coloro che non si definiscono eterosessuali sono circa il 3 per cento della popolazione con oltre 16 anni. Ma una parte di loro (circa il 40 per cento) si dichiara bisessuale e naturalmente tendono meno di gay e lesbiche a sposarsi. Dunque, quando in un paese la quota dei matrimoni fra persone dello stesso sesso supera il 2,5 per cento, possiamo dire che coloro che vogliono unirsi non incontrano troppi ostacoli.

I primi dati sull’Italia (tabella 2) indicano quindi che nelle regioni centro-settentrionali la quota di gay e lesbiche che si sono unite (3,2 per cento) è fra le più alte di quelle registrate nell’ultimo decennio nei paesi occidentali. Molto più bassa è stata invece la quota nel Mezzogiorno e nelle isole, per motivi che non è difficile immaginare. Per quanto grandi siano stati i mutamenti, in queste regioni italiane, per decenni a malincuore abbandonate dalle persone con sentimenti omoerotici, uscire allo scoperto resta molto più difficile che nel resto del paese.

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