L’andamento dei flussi migratori non incide sul numero di notizie che riguardano i migranti. È questa, in sintesi, la conclusione che si può trarre leggendo il VI Rapporto della Carta di Roma Notizie di chiusura, un’analisi dei media italiani aggiornata al 31 ottobre 2018 e realizzata con l’Osservatorio di Pavia. «Il rapporto 2018 – si legge sul sito dell’associazione Carta di Roma – conferma alcune tendenze già rilevate negli anni precedenti: la centralità del fenomeno migratorio nella comunicazione mediatica e la permanenza di alcune cornici di allarme, sospetto e divisione».

Nel corso degli anni l’atteggiamento generale dei media sul tema è passato, come scrive Ilvo Diamanti nella prefazione, «dalla pietà alla paura». Un’evoluzione dimostrata dalle parole chiave che dal 2013 al 2018 hanno segnato le notizie sul fenomeno migratorio, così riassunte da Annalisa Camilli sul sito di Internazionale: «Nel 2013 la parola simbolo dell’anno è stata Lampedusa, la cornice era quella della crisi umanitaria. Il termine simbolo dell’anno successivo, il 2014, è stato Mare nostrum, la crisi si ampliava e diventava inarrestabile. Nel 2015 la parola simbolo è stata Europa e la cornice ha assunto i caratteri di una crisi politica. Il termine simbolo del 2016 è stato muri, quelli reali e quelli simbolici alzati ai confini e nel cuore dell’Europa, la cornice è diventata quella di una crisi sistemica dell’Unione europea. La parola simbolo del 2017 è stata ong e la cornice è diventata crisi di rigetto. Nel 2018, la parola simbolo è stata Salvini, protagonista di 865 titoli, la cornice è diventata quella dello scontro di valori, per l’inasprirsi del confronto politico europeo e lo sfaldamento del tessuto condiviso di valori comunitari”».

Il tema è andato ad aggiungersi alle tante “emergenze permanenti” italiane (e molte lo sono davvero: rifiuti, dissesto idrogeologico, consumo di suolo, economia stagnante, disoccupazione giovanile, divario Nord-Sud, ecc.). Eppure i dati dicono che non c’è nessuna emergenza, bensì un fenomeno da gestire. «Invasione è la parola che serve a rafforzare la decisione di fermare l’immigrazione chiudendo i porti – scrive Valerio Cataldi, presidente dell’associazione Carta di Roma –, ma questa parola con la realtà ha poco a che fare. E sono i numeri a dirlo: dall’inizio dell’anno gli arrivi sono diminuiti dell’80 per cento rispetto all’anno scorso (23.011 nei primi undici mesi, come certifica l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), ma il rapporto […] ci dice che di fronte al drastico calo di arrivi, non diminuisce il numero dei titoli. […] Il paradosso è che l’ossequio alla propaganda non si ferma e produce titoli surreali come: Gli sbarchi non danno tregua ma quest’anno sono l’80 per cento in menoLa contraddizione è evidente, ma sembra più importante l’adesione incondizionata al linguaggio della politica».

Il quadro è piuttosto diverso se si confronta la carta stampata con la televisione, con la seconda decisamente più insistente della prima sul tema. Ma è anche vero che in Italia l’indice di diffusione dei giornali di carta è bassissimo (meno del 20 per cento delle persone dichiara di leggerli), mentre i telegiornali sono visti dall’87 per cento degli italiani. Se si confronta il numero di titoli con quello degli “sbarchi” le contraddizioni restano evidenti: «Se nel 2015 c’è stato in media un titolo ogni otto migranti arrivati sulle coste italiane, nel 2018 questo rapporto è diventato di un titolo ogni due migranti». Il rapporto è impressionante, e dovrebbe fare riflettere chi si occupa di informazione.

Nonostante gli indici di diffusione molto bassi, la stampa è ancora molto potente nell’orientare il dibattito politico. C’è un continuo rimando tra ciò che riempie le prime pagine e i temi su cui la politica si sente spinta a discutere. Talvolta sono le prime a orientare la seconda, talvolta è il contrario. Visto che su questo tema esiste un codice deontologico, i media hanno delle responsabilità su ciò che viene detto e scritto e sulle sue conseguenze pratiche. I risultati di questo rapporto non sono stati ripresi da nessuna grande testata, ma speriamo che almeno siano stati letti con attenzione dai rispettivi direttori.

(Foto di Jovaughn Stephens su Unsplash)