Walter Veltroni ha fatto il cosiddetto “passo indietro”. Ha dichiarato alla trasmissione Che tempo che fa di domenica 14 ottobre che non si ricandiderà alle prossime elezioni politiche. Purtroppo per lui, al di là del percorso e del pensiero politico, egli resterà probabilmente l’unico esemplare di politico italiano che dà il buon esempio, che fa ciò che promette, anche quando le cose vanno male (e dalla campagna elettorale del 2008 per lui è stato sempre così). Ora, a cascata, sembra che altri esponenti politici che da decenni occupano un seggio in Parlamento siano intenzionati a prendere esempio da lui, come se improvvisamente il gesto di Veltroni avesse aperto loro la coscienza sulla Verità.

Massimo D’Alema, nel suo stile, ha detto che, pur non volendolo fare, si ricandiderà se il partito glielo chiederà. Sembra tanto un gesto di facciata, privo di intenzioni autentiche, in modo che poi, quando i suoi lo imploreranno (ma l’hanno già fatto) di sporcarsi ancora una volta le mani con questa brutta cosa che è la politica, lui potrà eroicamente rispondere che sì, imbraccerà ancora una volta le armi della battaglia dialettica contro il nemico. Il Partito democratico aveva annunciato grandi riforme nel suo statuto, imponendo un numero massimo di tre mandati, dopo i quali i suoi esponenti sarebbero stati non più candidabili. Stabilito che si intendono tre legislature complete, e quindi un massimo di quindici anni, la misura è stata poi alleggerita prevedendo che siano votate delle deroghe a tale principio. Quindi in pratica nessun problema per i “grandi vecchi”.

Dall’altra parte non è che ci siano esempi migliori. Nessuno è intervenuto in merito, ma il dimissionario presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, dopo quasi vent’anni di reggenza e con la sua giunta travolta da inchieste giudiziarie, ha fatto subito sapere che saranno indette nuove elezioni quanto prima, e che lui in qualche modo resterà in campo. ilPost.it ha stilato un elenco (basandosi sulla piattaforma OpenPolis) dei 10 senatori e 10 deputati che da più tempo siedono in Parlamento. Il record va a Beppe Pisanu (Pdl), parlamentare da 38 anni e 155 giorni, seguito a breve distanza da Giorgio La Malfa (gruppo misto). A voi l’onere di andare a scoprire quali sono gli altri nomi che ci “perseguitano” da decenni, e non sentitevi in difetto se a leggerne alcuni non vi verranno in mente in alcun modo le loro onorevoli gesta: è una sensazione che abbiamo provato anche noi.

C’è chi dice che è cosa buona avere in Parlamento persone d’esperienza, che conoscono i meccanismi della politica, che assicurano continuità al sistema decisionale. Ecco, forse invece è proprio di discontinuità che abbiamo bisogno per dare una scossa alla vita politica del Paese. Non ci sentiamo dei “rottamatori”, né dei “grillini” a sostenerlo, anche perché non è nostra prerogativa sostenere alcun partito o movimento. A noi interessano i fatti, le decisioni che vengono prese a favore o contro il terzo settore, il volontariato, le onlus, e quindi verso i bisogni dei cittadini. E a giudicare dal vicolo cieco in cui questa fantomatica “continuità” ci ha portati, non vediamo l’ora di una rottura.