Tempo fa pubblicavamo l’appello del Fai (Fondo per l’ambiente italiano), che invitava a correggere l’opzione di donazione del 5 per mille alla cultura, inserita nella dichiarazione dei redditi 2011 grazie all’ex ministro ai Beni e alle attività culturali Giancarlo Galan. In particolare, si contestava l’assenza dal modulo di uno spazio in cui indicare il nome e il codice fiscale dell’ente destinatario della donazione. «I fondi che confluiranno nella casella “Sostegno alle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici” quindi -scriveva la presidente Fai Ilaria Borletti Buitoni-, allo stato attuale andranno tutti e solo al Ministero per i beni e le attività culturali, ovvero allo Stato, senza che vi sia di ciò comunicazione, disattendendo così il più elementare criterio di trasparenza». L’appello concludeva chiedendo, giustamente, «un segnale forte, che ponga rimedio a questa ingiusta e scorretta situazione».
Allo stato attuale, e a ormai dieci mesi dall’approvazione della norma, il Ministero non ha ancora deciso a chi affidare queste risorse. Resta ancora in sospeso il rapporto di trasparenza che dovrebbe legare la volontà del contribuente al soggetto destinatario della donazione. Si è lasciato un vuoto normativo che ha in pratica azzerato la possibilità da parte di associazioni con finalità culturali di fare promozione sui media per attrarre donazioni. Come arrischiarsi a investire risorse per pubblicizzare qualcosa che non si sa se avrà un effettivo ritorno?
Il tempo si è trovato (e le risorse pure) per realizzare una campagna di comunicazione che invita a barrare la casella in questione sulla propria dichiarazione dei redditi. Campagna che, ovviamente, non specifica dove andranno esattamente i soldi. L’invito è genericamente a sostenere «il patrimonio artistico italiano». Il testo che accompagna il video è particolarmente oscuro: «Così come esiste una salute di natura ‘fisica’ che è necessario preservare attraverso la cura del corpo, esiste una salute di natura ‘spirituale’, un benessere dell’anima legato anche alla possibilità di fruire pienamente delle bellezze dell’impareggiabile patrimonio culturale e paesaggistico nazionale. Tale patrimonio è un bene genuinamente ‘nostro’: ci appartiene e spetta a ciascuno di noi mantenerlo in buono stato. Il restauro è premessa irrinunciabile a un’altrettanto importante attività per il nostro Paese, ovvero la valorizzazione e la promozione di un capitale unico al mondo; una risorsa strategica per l’Italia di oggi e di domani. Ogni singolo cittadino, con la sua firma, può dunque contribuire direttamente a questa preziosa azione a favore del patrimonio culturale e paesaggistico».
Ecco, ci piacerebbe capire in che modo una firma su un modulo “in bianco”, un po’ come un assegno, possa contribuire “direttamente” a un ipotetico “patrimonio culturale e paesaggistico”. Quasi comica poi l’ulteriore specificazione in merito alla compilazione: «La scelta, da parte del contribuente, di tale destinazione della quota del 5 per mille dell’imposta sui redditi, può essere effettuata mediante la semplice sottoscrizione (firma) e senza la necessità di ulteriori specificazioni (in ordine al codice fiscale del contribuente o alla denominazione del Ministero), e ciò al fine di facilitare al massimo la compilazione». Ma a essere specificato, al limite, dovrebbe essere il codice fiscale dell’ente destinatario, non quello del contribuente. Possibile una svista del genere sul sito di un ministero?