In due anni, lo Stato ha trattenuto 172 milioni di euro dalle preferenze assegnate dai contribuenti italiani attraverso l’opzione del 5 per mille in fase di dichiarazione dei redditi. Ne abbiamo parlato tante volte, raccontando come per l’esercizio 2010, a fronte di 463 milioni di euro destinati alle organizzazioni non profit (e agli altri enti che hanno accesso a tale istituto), fossero poi stati accreditati solo 383 milioni -80 in meno-, disattendendo così le scelte di migliaia di persone che hanno visto la propria scelta tradita senza alcuna spiegazione. La cosa si è ripetuta nel 2011, quando la quota indebitamente decurtata è stata di 92 milioni di euro (395 milioni sono arrivati a destinazione a fronte dei 488 dovuti).

Da quando esiste il 5 per mille, il terzo settore chiede una legge che ne stabilizzi regole e modalità, in modo da poter uscire dall’incertezza che di anno in anno ne accompagna il rinnovo, e in favore di una trasparenza “a doppio senso”, ossia dai destinatari allo Stato in fase di rendicontazione, ma anche dallo Stato alle associazioni, in modo che si sappia esattamente quanto è il dovuto, quando arriverà e, se ci sono delle modifiche negli importi e nelle scadenze, siano accompagnate da spiegazioni motivate. Oggi è in arrivo una nuova proposta di legge, elaborata da Luigi Bobba (Pd) e Raffaello Vignali (Pdl). Secondo gli annunci, il testo della norma avrebbe due obiettivi: stabilizzare il 5 per mille e superare la questione del tetto di spesa, con una copertura di 500 milioni di euro. In realtà, l’esperto di 5 per mille Carlo Mazzini critica punto per punto una serie di questioni che, guarda caso, negli annunci non sono state sbandierate. Vediamo quali, direttamente dal suo blog:

«1. [Bobba e Vignali] inseriscono nel primo riquadro le sportive dilettantistiche, ma tutte, proprio tutte e non solo -come è da un po’ di anni- quelle con meriti sociali (che assistono cioè o soggetti svantaggiati o giovani o ultra 65enni). Ciò significa che i 40mila enti del primo settore diventeranno più di 110mila. Gli ignari (sempre Bobba e Vignali, ndr) non sanno che così deprimono ulteriormente la parte che arriva alle organizzazioni per le scelte non espresse (oggi al 6,5 per cento).

2. Eliminano le attività sociali dei Comuni; solo il governo di centro-sinistra del 2007 era riuscito in identica stupidaggine. Loro non hanno voluto essere da meno.

3. Non ricomprendono il settore dei beni culturali, introdotto nel 2011; con la cultura non si mangia, si sa.

4. Ripropongono il Decreto del presidente del Consiglio di natura non regolamentare. Come possiamo dirlo? Non lo vogliamo, perché è espressione della peggiore burocrazia (otto edizioni del 5 per mille lo stanno a dimostrare) che incarta l’iter invece di renderlo più fluido.

5. Con rispetto, ci permettiamo anche di annunciare agli onorevoli Bobba e Vignali la non prematura scomparsa del Ministero “del lavoro, della salute e delle politiche sociali”, dicastero citato nel progetto di legge al comma 4 ma che non esiste dal 2009, dato che l’hanno scorporato in due ministeri: Lavoro e politiche sociali da un lato, Salute dall’altro. E pensare che militano entrambi in partiti al governo…

6. Relativamente al fatto che la copertura -come dice nell’intervista Bobba- sia di 500 milioni, non ne troviamo traccia nella proposta di legge; perché mai non l’hanno scritto? Non ci credono neppure loro che glielo accettino?»

Ecco perché vi proponiamo di aderire alla petizione lanciata dal mensile Vita per una legge seria e definitiva sul 5 per mille, visitando questa pagina.