Cari lettori, rassegniamoci a dire addio ai grandi sconti sui prezzi di copertina dei libri. Qualche giorno fa il Parlamento ha approvato una legge (in vigore dal primo settembre) che regola le campagne promozionali di editori e librai (sia quelli tradizionali, sia i siti di vendita online). Questi ultimi non potranno applicare sconti superiori al 15 per cento del prezzo di copertina, mentre gli editori potranno arrivare al 25 per cento, con dei limiti: le campagne non potranno durare più di un mese, andranno applicate a tutti i rivenditori e saranno vietate in dicembre. Obiettivo della legge è di colpire i grandi colossi del mercato della vendita online, come Amazon, che da quando ha aperto il suo portale italiano si è fatto strada tra la concorrenza a suon di sconti e promozioni decisamente aggressivi. Diverse le reazioni. Risulta difficile comprendere come una legge del genere possa andare in difesa del lettore, che di fatto troverà sugli scaffali (reali o virtuali) prezzi meno vantaggiosi rispetto a ora. Più facile l’associazione tra una misura di questo tipo e gli interessi delle librerie tradizionali, che si troveranno a operare in un regime concorrenziale meno libero, che li solleva dalla minaccia della grande distribuzione.

Per i Radicali, unico gruppo ad astenersi dal voto, la legge va in direzione corporativa: «Mi dispiace in qualche modo incrinare questa comunione di intenti –ha detto Marco Perduca (della delegazione Radicale nel PD)-, ma lo faccio perché credo vada consegnata alla storia della Repubblica italiana la resistenza di un minimo di approccio liberale e liberista nei confronti della sacra e santa unione tra editori, librai e le maggiori organizzazioni di rappresentazione degli utenti e dei consumatori, che non necessariamente sono passate alla storia per fare gli interessi degli stessi». Una di queste, l’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori), se la prende in particolare con gli editori, che considera «incapaci di essere sul mercato e di creare domanda e offerta rispetto ai propri interessi e a quelli dei consumatori; editori capaci solo di sopravvivere grazie a contributi pubblici e imposizioni dello Stato che alterano e limitano il mercato». Il Post punta invece il riflettore sui diritti dei lettori: «Non è chiaro in che modo Amazon minacci le vendite e la diffusione dei libri anziché incentivarle. Non è chiaro perché far sì che i libri costino di più e che il loro prezzo sia vincolato dalla legge possa facilitare la loro vendita e la loro diffusione. Soprattutto non è chiaro in che modo questa norma prepotente possa avvantaggiare chi i libri li compra e li legge».

A presentare la notizia in chiave positiva il Corriere della Sera, che fa capo a uno dei più grandi editori italiani, Rcs. Su l’Unità, Gaspare Bona cerca di ragionare sull’utilità della regolamentazione: «Il mercato librario presenta un’anomalia: il prezzo del libro è fissato dall’editore, non dal rivenditore, e gli sconti sono finta concorrenza. La vera concorrenza andrebbe fatta sul prezzo di copertina e sui contenuti. L’ideale sarebbe vietare completamente o quasi gli sconti, come avviene in Paesi come Francia, Germania, Spagna, Svizzera. Infatti, se nessuno può fare sconti, la concorrenza si sposta davvero in maniera “sana” sul prezzo di copertina. Altrimenti è il solito vecchio gioco: alzo i prezzi, poi faccio lo sconto. In assenza di sconti, poi, l’attenzione si sposterebbe di nuovo sul libro. Quante librerie oggi sono costrette a vendere sconti invece che libri? Il libro è un oggetto che ci fa compagnia per parecchie ore. È più importante pagarlo due o tre euro in meno, o avere un compagno ben scelto o ben consigliato?». Non sappiamo bene cosa pensare, ci piace l’idea di difendere i piccoli editori e le librerie tradizionali (e chi ci lavora), ma non capiamo come mai in Italia si debba sempre fare una cosa per poi, con cavilli e sofismi, stiracchiarne il senso fino a dimostrare il suo contrario. Nel dubbio, corriamo in libreria a fare incetta di titoli, e buone letture estive a tutti.