Con il 2025 si apre per Avis una fase elettiva. Avis Legnano sarà chiamata a eleggere un nuovo o nuova presidente, così come lo saranno, salendo nei livelli di coordinamento, Avis provinciale Milano, Avis Lombardia e Avis nazionale.

Quello del rinnovo delle cariche è sempre un momento importante, che dà la misura del livello di salute dell’associazione e dei suoi meccanismi democratici. Spesso in passato abbiamo messo in guardia da chi, dietro alle belle parole, dimostrava nei fatti di non vivere le cariche associative come incarichi pro tempore, ma come un’investitura personale: un presidio di potere a cui aggrapparsi anche dopo che, formalmente, il mandato si esaurisce.

Troppo spesso abbiamo ascoltato esponenti degli organi associativi e direttivi dire “largo ai giovani!”, con il sottinteso: “finché il giovane sono io, o un mio fedelissimo”. Oppure “largo alle donne! Purché scelgano me come ‘consigliori’”. Parole vuote, slogan, che spesso nascondono – o almeno ci provano – una visione personalistica degli incarichi associativi, e la convinzione di avere qualcosa di speciale, di essere insostituibili.

Ma anche se fossero parole sincere, la realtà, purtroppo o per fortuna, non è così semplice. I giovani non sono più titolati a ricoprire incarichi di responsabilità in quanto giovani, così come è un errore mettere da parte le persone più mature solo perché hanno raggiunto una certa soglia di età, come se la bravura avesse una scadenza.

Sia chiaro, non siamo per l’immobilismo: un certo grado di ricambio generazionale è auspicabile per qualunque organizzazione, ma l’età o il genere non sono delle qualità in sé.

Spesso ci diciamo che l’associazione, al suo interno, vede riprodotte (e in certi casi anticipa) dinamiche simili a quelle che si osservano nella società più in generale. Viviamo in anni di “crisi delle competenze”. Non perché queste manchino, ma perché sono sempre meno valorizzate come servirebbe, e talvolta sono addirittura guardate con sospetto, come segnale di un presunto elitismo, anch’esso da condannare a prescindere.

E invece, non abbiamo mai smesso di ripeterlo, è proprio dalle competenze che bisogna partire. Registriamo con piacere una certa diffusa voglia di mettersi a disposizione che si manifesta nei territori. È certamente un dato positivo, ma da solo non basta. Come abbiamo già detto, e lo ripeteremo finché serve, non è tanto di brave persone che abbiamo bisogno, quanto di persone brave. O meglio: la prima condizione la diamo per scontata in chi si candida a guidare o rappresentare l’associazione a qualunque livello, ma ci vuole anche la seconda.

Con questo non vogliamo escludere nessuno. Al contrario: siamo più che disponibili a investire in formazione su persone oneste e di buona volontà, mentre è ben più difficile – se non impossibile – costruire rettitudine a partire dalle sole competenze. Ma ci vuole la disponibilità a guardarsi intorno, a prendere consapevolezza di avere ancora bisogno di crescere e di dimostrare qualcosa sul proprio territorio prima di candidarsi ad assumere ruoli di responsabilità nelle Avis di coordinamento.

L’obiettivo, è bene ricordarlo, dev’essere sempre salvaguardare l’associazione: non se stessi, non la propria “corrente” o il proprio gruppo di fedelissimi. Diffidare quindi da chi avvelena i pozzi cercando di impedire un avvicendamento sereno e pacifico.

La si può pensare diversamente su qualunque cosa, ma per tutelare l’associazione dobbiamo essere accomunati da almeno due valori fondamentali e non negoziabili. Il primo è l’unitarietà dell’associazione stessa. Che non vuol dire unanimità, ma capacità e volontà di essere costruttivi anche quando non si è d’accordo, astenendosi dal cercare invece la spaccatura interna per approfittare del vuoto che si crea. Il rischio è che la spaccatura si allarghi sempre di più, fino a diventare irreparabile: quando intorno ci sono solo rovine, c’è poco di cui approfittare.

L’altro valore che dobbiamo sempre difendere è la gratuità della donazione, e con essa il modello del conto lavorazione, costruito a suo tempo dal dottor Triali, che ci ha portati all’avanguardia nel panorama mondiale dell’autosufficienza. Una gratuità che non va messa in discussione, né apertamente né con ambigue formule di “rimborso” che in controluce, per chi sa guardare, hanno scritto “retribuzione”.

Possono sembrare parole di retroguardia, o al contrario di eccessiva avanguardia, ma sono invece ben piantate nella realtà.

(Foto di Element5 Digital su Unsplash)

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