Nei giorni scorsi si sono svolte due vicende opposte eppure legate tra loro. Domenica sono sbarcati nel porto di Napoli 465 migranti, accolti dall’abbraccio e dai doni della popolazione napoletana, accorsa dopo un appello del Comune. Lunedì invece a Gorino, frazione di Goro (Ferrara) alcuni cittadini hanno allestito in strada delle “barricate” con bancali e bidoni, per impedire l’arrivo in paese di 12 donne e 8 bambini richiedenti asilo. I due fatti si sono svolti in maniera così ravvicinata nel tempo che è impossibile non fare parallelismi e confronti.
Quello di Gorino sta ricevendo molta più attenzione da parte dei giornali, forse perché le barricate fanno più notizia dell’accoglienza pacifica, il cittadino “incazzato” attrae più facilmente le telecamere di quello che si apre alla solidarietà. Ci possiamo anche vedere un aspetto positivo: forse quella di Gorino è un’eccezione, e per questo sta sorprendendo così tanto. O forse, più realisticamente, interessa perché è lo specchio di un malessere che da tempo una certa parte della politica sta coltivando. Parliamo della vicenda di Gorino dando per scontato che abbiate letto o sentito, a grandi linee, come si sono svolti i fatti; in caso contrario qui c’è un buon riassunto.
Non sta a noi esprimere giudizi sulle persone che sono scese in piazza, a loro dire, per difendersi dall’“invasione” (20 persone di cui 12 donne e 8 bambini, ricordiamolo). Di certo la decisione di requisire parte dell’ostello “Amore Natura” di Gorino per metterci i richiedenti asilo può essere vista come uno strappo, una forzatura. Ma si trattava di una misura d’emergenza e temporanea, che avrebbe riguardato una struttura di proprietà della Provincia e in affitto da quattro anni. Suona poco convincente la giustificazione di una parte della popolazione, che lamenta il fatto che sarebbe stato colpito l’unico centro di socializzazione del paesino, ossia il bar dell’ostello. In che modo la presenza dei richiedenti asilo avrebbe messo a rischio la pausa caffè? Si parlava di requisire stanze, non il bancone e il barista.
Ciò che lascia di sasso nei video diffusi è il messaggio del tutto privo di argomentazione portato dai manifestanti: «No!», «Non li vogliamo!» sono le espressioni che ricorrono di più. Talvolta si intravede una vena complottista in chi prende in mano il megafono, che parla di «immigrazione finta, fatta solo per prenderci in giro». Eh? Inutile il tentativo delle forze dell’ordine di parlare con i manifestanti. Alla pacatezza delle spiegazioni e delle rassicurazioni dei carabinieri faceva seguito l’invettiva contro lo Stato, le forze dell’ordine, il sindaco. Se possiamo essere d’accordo sul fatto che con le misure d’emergenza non si risolvono i problemi, crediamo però che (proprio perché di emergenza si tratta) intanto si accolgono le persone, poi ci si chiede come migliorare la gestione dell’accoglienza.
Stiamo parlando di donne e bambini che hanno affrontato un lungo viaggio, forse hanno visto altri migranti perdere la vita nella traversata, probabilmente non hanno come meta l’Italia (non tutte almeno), e si ritrovano su un autobus che, arrivato a pochi chilometri da una stanza con dei letti, viene “dirottato” da una protesta. L’istinto è di dissociarsi, dire che quei manifestanti non rappresentano l’Italia, come ha fatto il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Troppo facile però: quella protesta non è un fatto inspiegabile, anomalo, straordinario. È stato preparato nel corso di anni, a colpi di disinformazione sui numeri degli immigrati in Italia e sulle loro presunte attività criminali. Dati e slogan che vengono smentiti ogni giorno, come ha fatto il capo della Polizia Franco Gabrielli nel corso di un’intervista a La Stampa: «I numeri parlano chiaro: non c’è stato alcun incremento di reati rispetto all’aumento della presenza di immigrati. Dal 1° gennaio 2014 ne sono sbarcati in Italia oltre 440 mila, la maggior parte si è poi diretta verso il Nord Europa, ma molti sono rimasti nel nostro Paese».
La protesta dei goranti è quindi specchio dell’Italia, tanto quanto lo è il gesto di solidarietà dei cittadini napoletani. Peraltro queste vicende parallele sembrano confermare il luogo comune per cui egoismo e solidarietà si distribuiscono in maniera inversamente proporzionale alla ricchezza. Dove vincono la chiusura, l’egoismo, la paura, non c’è spazio per la solidarietà. «Mi avrebbe fatto piacere – ha detto il prefetto di Ferrara, Michele Tortora – che i cittadini di Gorino avessero visto di cosa si trattava, se avessero avuto cognizione dei termini del problema forse le cose sarebbero andare diversamente».
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