La vignetta animata di Makkox dedicata a Giulio Regeni (la potete vedere qui), andata in onda mercoledì 25 gennaio in coda alla puntata di Gazebo (Rai3), fa venire i brividi, oltre che scendere una lacrima. Della vicenda che ha portato alla morte del ricercatore italiano scomparso in Egitto un anno fa, si sa infatti ancora poco. Nel video il fumettista immagina un dialogo tra sé (ma in realtà chiama in causa tutti noi, e soprattutto chi doveva fare qualcosa per ottenere delle risposte, e forse non ha fatto abbastanza) e Regeni, in cui quest’ultimo gli pone una sola, disarmante domanda: «Quindi?» (meta-citazione da una vignetta di Mauro Biani).

Viene da pensare a quante cose possano accadere (e siano accadute) in un anno. Da qualunque lato lo si guardi, il 2016 lascerà un’impronta pesante sulla nostra percezione: per gli avvenimenti politici, per le guerre e gli attentati, per le scoperte scientifiche, per le morti di personaggi celebri ai quali eravamo in qualche modo affezionati. Il volto di Giulio Regeni non era noto. Ha cominciato a comparire quando non se ne aveva più notizia, quando si facevano strada le ipotesi sulla sua morte. Poi è stato trovato il corpo, che testimoniava anche le torture subite. Dopo un anno non c’è un colpevole, non c’è un movente, solo ipotesi e notizie frammentarie. La novità di questi giorni è il video, girato di nascosto, dell’uomo che lo denunciò, forse condannandolo al suo triste destino.

In questo anno che ci separa dalla morte di Giulio due cose non sono successe, dice Makkox: che l’Italia si dotasse di una legge contro la tortura, e che si facesse luce su quello che è successo a Regeni. E mettere queste due cose in fila di fianco al volto del ricercatore italiano, seppure disegnato con un’espressione serena e sorridente, fa davvero male. “Verità per Giulio Regeni” è uno slogan, un messaggio, una richiesta che riecheggia nelle piazze e sulle pagine web di tante associazioni e gruppi di persone che non si rassegnano. Più passa il tempo, però, più rischia di diventare un ritornello privo di significato, mentre il tempo fa in modo che piano piano si insinuino quelle logiche per cui, a un certo punto, ci si deve arrendere all’evidenza che la verità non si saprà mai fino in fondo. Che è proprio la deriva alla quale si oppongono, nel loro messaggio alla famiglia di Giulio, alcuni parlamentari europei che hanno voluto esprimere la propria vicinanza e la propria determinazione nel perseguire la verità: «Ricordiamo all’Unione europea e ai suoi Stati membri che non è possibile, date le condizioni attuali dei diritti umani all’interno del paese, normalizzare completamente i rapporti con l’Egitto. Ci troviamo infatti di fronte al rischio che, dopo mesi di depistaggi e insabbiamenti, ci si possa accontentare di una verità di comodo che chiuda la vicenda al solo fine di favorire il ripristino di normali relazioni tra Italia ed Egitto. Una verità di comodo di cui accontentarsi per stanchezza o per la constatazione che è impossibile ottenere di più. Questo non deve accadere».

L’Italia aveva ritirato il proprio ambasciatore al Cairo, su iniziativa dell’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, come risposta alla reiterata mancanza di collaborazione da parte delle autorità egiziane. Circa un mese fa è circolata la notizia che il Ministero sarebbe in procinto di rimettere l’ambasciatore al suo posto, ricucendo così i rapporti con l’Egitto. Il presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, aveva commentato così la vicenda: «Una decisione di rimandare l’ambasciatore al Cairo in questa fase rischia di trasmettere un messaggio sbagliato, che potrebbe essere interpretato dalle autorità egiziane come una “pre-chiusura” dell’intera vicenda, come un riconoscimento che al momento non hanno affatto mostrato di meritare. Del resto, è la stessa procura di Roma ad aver precisato oggi che non siamo di fronte ad alcuna imminente svolta. Il nostro timore è che la decisione di rimandare l’ambasciatore potrebbe avere l’effetto di rallentare piuttosto che di accelerare la ricerca della verità piena e completa sulla tragica uccisione di Giulio Regeni». Al momento non ci sono ulteriori novità in merito, nel frattempo prosegue la petizione lanciata da Amnesty per chiedere al presidente egiziano l’istituzione di una commissione indipendente sul caso, affinché si arrivi una volta per tutte a stabilire dove sta la verità in questa vicenda. «Quindi» niente, ancora un po’ di pazienza, Giulio, se anche non potremo ridarti la vita, almeno la giustizia speriamo di sì.

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