La correlazione tra il consumo di acqua ricca di calcare (più correttamente carbonato di calcio) e la formazione di calcoli renali, per quanto molto diffusa, è del tutto falsa. Lo scrive molto chiaramente l’Istituto superiore di Sanità: «Il consiglio molto diffuso di utilizzare acque leggere o moderatamente oligominerali in sostituzione dell’acqua del rubinetto per evitare la formazione di calcoli non è giustificato da evidenze scientifiche».

I calcoli renali non sono causati da una concentrazione di carbonato di calcio, bensì di ossalato di calcio. Quest’ultimo è solubile in acqua, dunque per evitare la formazione di calcoli è importante bere una corretta quantità di acqua ogni giorno, più che controllare sull’etichetta il valore del “residuo fisso” o evitare (come molti fanno, soprattutto in Italia) l’acqua del rubinetto a favore di quella imbottigliata. «È bene infatti ricordare – continua l’ISS – che la formazione dei calcoli, per lo più costituiti da ossalato di calcio, dipende in molti casi da una predisposizione individuale o familiare, in quanto il rischio è più elevato se ci sono in famiglia altre persone che ne soffrono. In caso di predisposizione è essenziale bere in abbondanza e di frequente nell’arco della giornata senza per questo temere che il carbonato di calcio, presente nell’acqua del rubinetto, possa favorire la formazione di calcoli. È stato dimostrato infatti che anche le acque minerali ricche di calcio sono utili nella prevenzione della calcolosi renale mentre, viceversa, una dieta povera di calcio può aumentare il rischio di sviluppare questa patologia. Il calcio è un elemento essenziale per la nostra salute e la sua assunzione non va ridotta a meno che non sia un medico a prescriverlo».

Secondo un notiziario dell’Iss del 2006, il consumo di acque minerali a fini curativi risale al XIX secolo, seppure fin dall’antichità ci sono testimonianze dell’attribuzione di proprietà particolari ad acque diverse. È solo dagli anni ‘60 e ‘70 del Novecento, però, che il consumo di acque minerali diventa la regola, fino a farle arrivare sulla tavola della stragrande maggioranza degli italiani. «Questo accresciuto interesse per il consumo delle acque minerali è stato per la verità in parte favorito da talune allerte sulla contaminazione degli acquedotti e dalla percezione dei consumatori sui rischi di contaminazione che l’acqua, distribuita o dalle cui fonti si approvvigionavano i gestori degli acquedotti pubblici, poteva presentare come conseguenza della diffusione incontrollata di fitofarmaci e di sostanze di origine industriale nell’ambiente».

Ma cosa si intende per “acque minerali”? Secondo il decreto legislativo n. 105 del 1992, sono «acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari ed eventualmente, proprietà favorevoli alla salute». Quindi, spiega il notiziario, «Si differenziano dalle acque potabili per non essere sottoposte ad alcun trattamento di potabilizzazione risultando per questo più gradevoli dal punto di vista organolettico e prive di prodotti secondari della disinfezione».

Il fatto che si possa bere con tranquillità l’acqua del rubinetto senza temere la formazione di calcoli renali non significa però che tutte le acque siano uguali. Per chi gode di buona salute, in realtà, la scelta potrebbe essere determinata semplicemente dal sapore. Al variare delle proprietà organolettiche, infatti, cambia anche il gusto (nonostante si dica sempre che l’acqua è “insapore”, in realtà non è proprio così). Per chi invece soffre di patologie particolari, o segue diete e stili di vita che influiscono sul corretto bilanciamento di micro- e macronutrienti, nel notiziario citato ci sono alcune indicazioni utili, vi rimandiamo dunque al paragrafo “Scegliere un’acqua minerale”.

Riportiamo qui alcune raccomandazioni generali valide per tutti: «evitare il consumo di acque eccessivamente
addizionate di anidride carbonica (purtroppo il dato non è indicato in etichetta) in quanto, seppur più dissetanti, provocano un aumento dell’acidità; verificare i valori dei sali riportati in etichetta che più si adattano alle proprie esigenze metaboliche (ad esempio, contenuto di sodio, residuo fisso, ecc.); controllare l’integrità del contenitore e la data di scadenza; un occhio al prezzo: non è detto che il prodotto più caro sia necessariamente il migliore».

Attenzione: le informazioni contenute in questo articolo non costituiscono consigli medici. È sempre opportuno consultare il proprio medico di base se si hanno dubbi in merito alla propria salute.

(Foto di Jacek Dylag su Unsplash)