In agosto abbiamo parlato dell’accordo raggiunto tra gli Stati membri dell’Onu sui nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile. Nei giorni scorsi è arrivata la firma ufficiale dell’Agenda, che fissa gli impegni dell’organizzazione e dei governi che ne fanno parte. «Ognuno degli stati membri ha ricevuto la titolarità del programma sin dall’inizio del processo di formazione tre anni fa», ha commentato il sottosegretario generale per gli Affari economici e sociali Wu Hongbo. È stato un processo lungo e progressivo di selezione dei temi su cui concentrare gli sforzi, nell’ottica di un impegno comune che si possa trasformare in risultati tangibili.
L’Agenda 2030 (denominata così perché si prefigge di essere completata nel corso dei prossimi quindici anni), che va a sostituire i precedenti Obiettivi del millennio, nomina per la prima volta anche le persone con disabilità. Un risultato molto importante, ottenuto anche grazie alla mobilitazione dell’associazione Cbm (Christian blind mission): «Le persone con disabilità nel mondo sono 1 miliardo – scrive l’associazione –, ossia il 15 per cento della popolazione mondiale (1 persona su 7). La maggior parte di loro vive nei Paesi più poveri. Eppure nei precedenti Obiettivi del Millennio le persone con disabilità non venivano menzionate né tra gli obiettivi né tra gli indicatori di sviluppo. La nuova Agenda comprende invece diversi riferimenti espliciti alle persone con disabilità, che vengono messe al centro della lotta alla povertà e inserite a tutti i livelli nel documento ogni qualvolta vengono menzionate le “persone in condizioni di vulnerabilità”».
Il raggiungimento degli Sdg (Sustainable development goals) è legato in maniera molto stretta alla stabilità politica. I conflitti moltiplicano e amplificano i problemi per la popolazione, e il numero di persone costretto ad affrontare grandi difficoltà quotidiane aumenta considerevolmente. Un passaggio che si può leggere anche nel commento pubblicato sullo Huffington Post dal Segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon: «Non saremo in grado di raggiungere gli Sdg senza ribadire il nostro intento di porre fine ai conflitti e alle violenze di oggi. Quando cominciano le ostilità, tante altre cose s’interrompono: la scuola, le campagne per le vaccinazioni, la crescita economica e lo stesso sviluppo. Allo stesso tempo il raggiungimento di questi obiettivi contribuirebbe a prevenire instabilità e violenze. I nuovi Obiettivi mirano perciò a promuovere società giuste, pacifiche e inclusive, l’accesso alla giustizia, e istituzioni funzionali, responsabili e inclusive. Un mondo sostenibile sarà anche un mondo più sicuro».
Un rapporto realizzato dal team Odi (Overseas Development Institute) mette però in guardia sul fatto che, se non ci sarà un effettivo aumento di impegno da parte di tutti gli Stati coinvolti, gli obiettivi non saranno raggiunti. Lo studio prende in considerazione ogni singolo obiettivo fissato dall’Onu e ne fa una proiezione di realizzazione nel futuro. Al momento, solo tre degli obiettivi sono sulla buona strada e si va verso “l’ultimo miglio” per la loro realizzazione (i temi sono deforestazione, povertà e crescita economica), mentre la maggior parte (nove) sono in un limbo per cui o ci sarà un cambio di passo repentino, oppure gli sforzi fatti fin qui, per quanto apprezzabili, saranno inutili. Cinque invece si trovano in una zona più pericolosa, e c’è bisogno di cambiare radicalmente direzione, perché il mondo sta andando contro quella sperata dai firmatari dell’Agenda (disuguaglianze di reddito, popolazioni che vivono in baraccopoli, ma soprattutto gli obiettivi ecologici: riduzione dei rifiuti, cambiamento climatico e ambiente marino). Staremo a vedere, nel frattempo qui trovate la lista completa degli Obiettivi in italiano.
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