Ci inseriamo nella paradossale polemica che ha coinvolto la diffusione del trailer del film La Sirenetta, in un uscita nel 2023 come remake con attori in carne e ossa dell’omonimo lungometraggio animato Disney del 1989, per condividere alcune considerazioni.

La polemica ha riguardato il fatto che a interpretare la protagonista Ariel sarà l’attrice afroamericana Halle Bailey, giudicata troppo “distante dall’originale”. Nonostante i suoi estensori sostengano il contrario, si tratta di una critica dalle inevitabili implicazioni razziali. Detto in termini più espliciti, il problema infatti è che il personaggio del cartone animato aveva la pelle bianca, e non va bene che la Ariel di oggi sia nera. Al di là del fatto che stiamo parlando di sirene, quindi creature di fantasia, va notato che il cartone animato Disney era una rivisitazione di una fiaba di Hans Christian Andersen, a sua volta ispirata alla mitologia greca. Anche il concetto di “originale” è quindi più complesso di quanto possa sembrare.

Bisogna poi riflettere su come la cultura popolare spesso riproduca i pregiudizi della società che la esprime. La varietà culturale tra i personaggi Disney è rimasta estremamente sbilanciata verso protagonisti dalla pelle bianca almeno fino agli anni ‘90 (Pocahontas è del 1995). Un remake non dev’essere per forza un calco dell’opera a cui si ispira, soprattutto se quell’opera contiene stereotipi e pregiudizi.

Si è detto, per criticare la nuova Sirenetta, che il dettaglio del colore della pelle “Servirà solo a rovinare un sogno”, quello presunto dei bambini che non vedrebbero l’ora di ritrovare una Ariel identica in ogni dettaglio a quella del cartone animato. Innanzitutto è poco corretto parlare a nome dei “bambini” come se fossero un’entità unica e omogenea di cui è possibile conoscere sogni, aspettative, desideri. Come è stato fatto notare, è poi positivo il fatto che anche bambini non bianchi possano (finalmente) riconoscersi nei protagonisti dei protagonisti delle storie. Inoltre stiamo dando per scontato (e indirettamente stiamo insegnando questo) che per i bambini il colore della pelle sia una cosa così importante da determinare indignazione e sconforto.

In realtà, più che la protesta “dei bambini” (o “per i bambini”), come la si vuole far passare, sembra la reazione di coloro che nel 1989 erano bambini e hanno potuto vedere la Sirenetta al cinema. È il loro sogno a essere in discussione, il legame sentimentale verso quel cartone animato e quel periodo della vita a sentirsi ferito. Crescere non ha aiutato ad aprire la mente, ma c’è sempre tempo per migliorare.

In chiusura, consigliamo a tutti la visione di The Tragedy of Hamlet, opera teatrale di Peter Brook del 2002, con un cast multiculturale in cui Amleto è interpretato dall’attore inglese di origine giamaicana Adrian Lester. Si può vedere per intero su Raiplay. Vent’anni fa il compianto Brook ci mostrava che anche i classici possono essere rivisitati senza tradirne lo spirito (peraltro il suo testo non alterava l’originale, se non tagliando alcune parti e personaggi). Chissà cosa penserebbe oggi di tutto questo agitarsi.

(??Foto di Dennis Jarvis su flickr)

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