Tra le varie voci di spesa su cui lo Stato italiano potrebbe risparmiare molto denaro pubblico, c’è quella relativa ai rappresentanti diplomatici italiani all’estero. In particolare gli ambasciatori che, secondo uno studio di Roberto Perotti, guadagnerebbero fino a due volte e mezzo rispetto ai colleghi tedeschi. Il calcolo si basa su una stima ottenuta confrontando i dati disponibili sul sito internet del ministero degli Esteri tedesco e quelli forniti da funzionari della Farnesina (dal sito del Ministero italiano infatti non si riescono a ottenere dati precisi, il che restituisce già un senso di opacità nel sistema). Il rapporto varia a seconda della distanza dall’Italia e dalle dimensioni della capitale in cui sono in servizio gli ambasciatori, si va da un rapporto di 1,98 per Il Cairo a oltre il 2 e mezzo per Londra (2,58), Mosca (2,69) e Washington (2,59).

Una situazione che non può non richiamare subito alla mente la parola privilegio, e che in effetti pare difficile definire diversamente. Ci saranno sicuramente situazioni in cui questo trattamento ha una sua giustificazione e la semplice cifra non rispecchia la complessità della realtà, ma se è vero, come scrive Wall Street Italia (citata da Perotti), che «il rappresentante italiano alle Nazioni Unite di Ginevra, che già percepisce uno stipendio netto pari a quasi due volte e mezzo il suo collega tedesco, risiede in una villa con 12 bagni da 22mila euro di affitto al mese», allora qualche motivo di perplessità c’è. Eppure nel 2012, in vista della spending review del governo di Mario Monti, il Ministero degli esteri (Mae) non vedeva possibilità di risparmio su questo capitolo di spesa, nonostante confermasse che la maggior parte dei suoi fondi serviva a finanziare il personale: «Va ricordato che il bilancio del Mae è composto per l’83,3 per cento da voci non rimodulabili (retribuzioni del personale) oppure rimodulabili solo parzialmente e comunque previa modifica di norme legislative (contributi obbligatori e Ise) […] L’obiettivo che la Commissione si è posto non è quello di creare ulteriore risparmio netto, dal momento che le risorse della Farnesina, anche sulla base dei citati confronti internazionali, non paiono ulteriormente comprimibili se non a prezzo di un drastico ridimensionamento della proiezione internazionale del Paese».

Non sono mancate ovviamente le critiche a questo studio, da parte dei diretti interessati, una delle quali è stata pubblicata sulla stessa testata, ossia lavoce.info, a firma dell’ambasciatore italiano a Londra, Pasquale Terracciano. Nella sua lettera non sono contestati punto per punto i numeri elencati da Perotti, ma si fa riferimento a un generico carico di spese ulteriori che graverebbe sui diplomatici italiani. In realtà, Perotti smentisce in un altro articolo le parole di Terracciano. Questi riceverebbe infatti ogni mese 21.789 euro sul proprio conto personale, più un assegno di rappresentanza di 15.578,88 euro per le spese di funzionamento dell’ambasciata. Cifre un po’ alte per esprimere qualsiasi tipo di lamentela. L’amara conclusione è quella a cui arriva Perotti in chiusura: «Io credo però che la sua reazione scomposta (e come la sua quella di molti altri colleghi) sia semplicemente dovuta alla sorpresa e alla paura di vedere per la prima volta messi in dubbio i privilegi accumulati per decenni e coperti da un segreto e un’opacità ossessivi».