
«Quando, cinquant’anni fa o giù di lì, guardavo ai problemi della natura in Italia, le mie previsioni erano funeste: distruzione dei boschi per incendi, lottizzazioni, dissodamenti; scomparsa delle ultime paludi; estinzione di lupi, orsi alpini, cervi sardi, avvoltoi grifoni, aquile, foche monache; completo annullamento dei quattro derelitti parchi nazionali. Non è andata proprio così. Oggi i boschi italiani sono saliti dal 20 al 30 per cento del territorio, le aree protette, che nel 1960 erano lo 0,6 per cento della superficie del Paese, oggi ne coprono più del 20 per cento; orsi, lupi, avvoltoi e altre specie stanno aumentando; dal 1970 nessuna palude è stata più prosciugata. Insomma, le previsioni peggiori non si sono avverate. Così si potrebbe sperare che nei prossimi anni anche il Pianeta, passata la febbre di uno sviluppo senza limiti, imbocchi una strada diversa, più armonica e sostenibile» (dal settimanale Vita in edicola dal 16 settembre).
Anche nel bell’articolo di Michele Serra, uscito il 4 settembre su Repubblica, si rileva l’importanza della nascita del Wwf per la presa di coscienza del problema ambientale a livello planetario: «Niente è più strutturale, più basico, della salute dell’ecosistema che ci è madre e padre, e niente è più grave dell’abuso che se ne fa e dei dissesti che ne minano l’integrità e forse il futuro. Non si tratta di ubbie poetiche, si tratta di materia, di biologia, di chimica e di fisica: ma questo, quando il Wwf cominciò a muovere i suoi primi e goffi passi, quasi nessuno lo diceva e quasi nessuno lo sapeva. La strada che ci ha portato a questa progressiva e ancora molto contrastata coscienza è stata lunga e piuttosto indiretta». Probabilmente continuerà a esserlo, perché il lavoro non è finito, e ci auguriamo che continui a pieno ritmo per i prossimi cinquant’anni, e oltre.