Tante volte siamo tornati sul tema della mancanza di una norma che tuteli contro le discriminazioni motivate dalle preferenze sessuali dell’individuo. L’abbiamo chiamata legge contro l’omofobia, oggi per completezza si parla di persone “lgbti” (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate). Di seguito pubblichiamo un estratto dall’appello lanciato il 7 giugno da Amnesty International. Ma, prima, integriamo la questione con una riflessione presa da un’intervista all’attrice Silvia Calderoni, vincitrice del premio Ubu 2009 (il più importante riconoscimento del teatro italiano) come miglior attrice under 30: «Io ti chiedo -dice Silvia rivolgendosi all’intervistatrice-, se tu togli le minoranze, cosa rimane? Niente. Se ci penso un attimo io farò parte di una, due, tre, quattro minoranze. Date dal fatto che vivo in provincia, sono gay, faccio teatro di ricerca, ho seicento euro in banca. Mille cose. La mia diversità è il mio punto di forza, e questo mi fa vedere il discorso della minoranza come una grande potenza».

Sono le parole di una giovane donna, che è già una grande attrice. Si potrebbe provare tutti a chiederci di quali minoranze facciamo parte. Alcune ce le siamo scelte, e ne siamo fermamente orgogliosi. In altre siamo finiti senza neanche accorgercene, semplicemente perché qualcuno a un certo punto ce l’ha fatto notare, creando un piccolo vuoto attorno a noi. Oppure talvolta, semplicemente essendo noi stessi, ci siamo trovati ad avere comportamenti controcorrente, e proprio dal confronto con la piena del senso comune è nata la nostra percezione di essere in qualche modo diversi. Vale per tutti, basta fermarsi un attimo a pensare. Buona riflessione, e buona lettura.

«La legge penale italiana antidiscriminazione prevede pene aggravate per crimini di odio basati sull’etnia, razza, nazionalità, lingua o religione, ma non tratta allo stesso modo quelli motivati da finalità di discriminazione per l’orientamento sessuale e l’identità di genere (c.d. legge Mancino-Reale, n. 654 del 1975, come modificata e integrata dal decreto legge n. 122 del 1993 e successive modificazioni). A causa di questa lacuna, le persone che subiscono discriminazione, odio e violenza a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere non hanno la stessa tutela garantita alle vittime di reati motivati da altri fattori che la legge identifica come discriminatori; per lo stesso motivo, l’incitamento verbale all’omofobia e alla transfobia, i cui casi purtroppo non sono mancati in questi anni, non è perseguibile come crimine motivato da odio.

Questa lacuna è in contrasto con la legislazione internazionale ed europea sulla discriminazione e rischia di favorire l’aumento di atteggiamenti di intolleranza e violenza verso le persone Lgbti. Il principio di non discriminazione, sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, trattato vincolante per l’Italia, garantisce parità di trattamento tra le persone e stabilisce il divieto di qualsiasi forma di discriminazione basata su sesso, razza o origine etnica, lingua, religione o credo, disabilità, età e orientamento sessuale. Ciononostante, nel luglio 2011, come già accaduto nel 2009, il Parlamento italiano ha respinto proposte di legge tese a colmare questa lacuna. Inoltre, nella legislazione italiana manca qualsiasi riconoscimento della rilevanza sociale delle famiglie costituite da persone dello stesso sesso -alle quali non viene consentito di sposarsi- e dai loro figli.

In tutto il mondo, Amnesty International si oppone alla discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere nell’accesso al matrimonio civile e chiede agli stati che riconoscano diritti anche alle famiglie di fatto e alle unioni formate all’estero sulla base delle leggi locali. Negare il riconoscimento alle coppie omosessuali impedisce a molte persone di godere di tutta una serie di diritti, necessari per l’autorealizzazione, e alimenta ulteriormente la stigmatizzazione, la discriminazione e gli abusi nei confronti delle persone Lgbti. Le autorità italiane hanno la responsabilità di proteggere e garantire la realizzazione dei diritti umani delle persone Lgbti affinché esse non siano vittime di discriminazione, possano godere degli stessi diritti di ogni individuo e possano esprimere liberamente il loro orientamento sessuale e identità di genere senza il rischio di subire altre violazioni e abusi dei loro diritti umani».