La Giornata mondiale delle malattie rare, che ricorre oggi, è stata preceduta pochi giorni fa da una buona notizia. Il 21 febbraio il governo ha infatti licenziato il nuovo Piano nazionale per le malattie rare, che era scaduto nel 2016 e da allora attendeva di essere rinnovato.

Le associazioni che si occupano di questo tema hanno accolto la notizia con favore, e ora tutta l’attenzione è rivolta al prossimo futuro: il Piano ora dovrà passare attraverso la Conferenza Stato-Regioni, e soprattutto dovrà essere adeguatamente finanziato e attuato.

Cos’è una malattia rara?

Come spiega il periodico Vita, «Una malattia si definisce “rara” quando la sua prevalenza, ossia il numero di casi presenti in una data popolazione, non supera una certa soglia: per l’Unione europea parliamo dello 0,05% della popolazione, cioè di una malattia che colpisce non più di 1 persona ogni 2mila. Le malattie rare conosciute e diagnosticate sono circa 10mila, ma il loro numero cresce con l’avanzare della ricerca genetica. I malati rari in Europa sono circa 30 milioni e in Italia circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica».

Tra le malattie rare, ce ne sono alcune legate al sangue. Tra le più note c’è l’emofilia, provocata da un deficit delle proteine coinvolte nel processo di coagulazione del sangue. Ma non è l’unica. Tra le altre, per esempio, c’è l’angioedema ereditario, ancora poco conosciuto, che comporta la sintesi in quantità insufficiente di una proteina del sangue, e che causa gonfiori della cute, delle mucose e degli organi interni, che possono essere fatali.

Una malattia rara molto nota è la sclerosi laterale amiotrofica, su cui proprio oggi si potrà seguire un webinar con esperti del settore organizzato da Aisla. Al centro dell’incontro online il tema delle cure palliative, ossia quegli interventi diretti «ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale della persona senza incidere sull’evoluzione della malattia così come previsto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, in quanto il diritto alla salute, in funzione della dignità umana assuma una dimensione più ampia della tradizionale attesa dei mezzi di guarigione. […] “Una cura può essere intesa come qualsiasi approccio che migliori la qualità della vita delle persone con SLA”», ha detto Stefania Bastianello, direttrice tecnica di Aisla Onlus.

Quali sfide pongono le malattie rare

I diversi esperti interpellati da Vita hanno messo in risalto diversi problemi e sfide per il futuro (ma anche per il presente) legati alle malattie rare. Francesca Pasinelli, direttrice generale della Fondazione Telethon, indica tra questi «la produzione e commercializzazione delle terapie per le malattie più rare tra le rare. Un tema che Pasinelli aveva già intravisto tre anni fa, quando parlava del rischio che a livello industriale, dopo aver testato efficacemente alcuni meccanismi sulle malattie rare ci si dedicasse a declinare quelle tecnologie su malattie più interessanti dal punto di vista commerciale, lasciando di fatto ancora una volta neglette le malattie rare».

Uno degli aspetti più urgenti rispetto alle malattie rare riguarda la diagnosi. Grazie ai miglioramenti in campo medico, infatti, oggi si riescono a trattare pazienti un tempo incurabili. Ma sono ancora troppi coloro i quali non sopravvivono alla malattia semplicemente perché non viene diagnosticata in tempo. A oggi, ha spiegato Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare, la media è di oltre 4 anni di ritardo per la diagnosi.

Un’ulteriore sfida deriva dal fatto che, proprio perché diverse malattie rare sono oggi curabili, molti pazienti che un tempo non riuscivano purtroppo a superare l’infanzia o l’adolescenza entrano invece in età adulta, e mancano conoscenze adeguate per prendersene cura. Come ha spiegato Andrea Bartuli, responsabile dell’Unità operativa sulle malattie rare dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma: «Per molte malattie stiamo andando incontro all’età adulta e non sappiamo ancora esattamente come sarà l’evoluzione della malattia. Il momento della transizione dall’età pediatrica all’età adulta per molti pazienti è drammatico, perché l’adulto con malattia rare si trova “affogato” nel percorso delle malattie croniche dovute all’invecchiamento, così che moltissimi adulti con malattie rare il più delle volte tornano all’ospedale pediatrico».

Un punto centrale resta lo screening neonatale metabolico allargato che, come spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice di OMaR (Osservatorio Malattie Rare), è stato introdotto per legge nel 2016 e prevede la ricerca di 48 patologie. «Siamo secondi in Europa – ha detto Bartoli –. Basta un test semplicissimo, da fare al neonato con poche gocce di sangue. Per tutte queste patologie c’è la possibilità di intervenire precocemente con una terapia, una dieta, in alcuni casi anche con la terapia genica». Bisogna però allargare ad altre patologie lo screening, cosa che attualmente viene fatta solo in alcune regioni, ma che Bartoli auspica possa essere presto fatta a livello nazionale, per garantire le stesse opportunità di diagnosi e cura a tutti.

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