La sicurezza sul lavoro è ancora un grosso problema in Italia, come hanno dimostrato diversi casi recenti, che hanno coinvolto anche donne e uomini molto giovani. Su tutti quello della 22enne pistoiese Luana D’Orazio. Ma nelle stesse settimane ce ne sono stati altri.
Infortuni o contagi?
È molto difficile confrontare i dati più recenti con quelli precedenti al 2020 a causa della pandemia. Molte delle morti sul lavoro del 2020 sono infatti dovuti al contagio da COVID-19, e hanno quindi poco a che fare con i problemi strutturali legati alla sicurezza sul lavoro in Italia. La contraddizione si può leggere per esempio in questo estratto dal Sole 24 Ore: «Limitandoci ai dati, le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nei primi tre mesi dell’anno sono state 185, 19 in più rispetto alle 166 denunce registrate nel primo trimestre del 2020 (+11,4 per cento), effetto degli incrementi osservati in tutti i mesi del 2021 rispetto a quelli del 2020. L’Inail ha quindi registrato oltre 2 morti al giorno sul lavoro nei primi tre mesi dell’anno. […] Si tratta di dati non semplici da leggere per via della pandemia che è intercorsa tra i trimestri confrontati. I dati del primo trimestre 2020 sono influenzati dal coronavirus solo da marzo in poi, mentre quelli del primo trimestre di quest’anno chiaramente ne risentono in pieno. Le limitazioni agli spostamenti e l’utilizzo intensivo dello smart working (entrambi aspetti che hanno interessato tutto il primo trimestre 2021, mentre solo in parte il primo trimestre 2020), ha fatto calare il rischio legato ai trasporti.D’altra parte le denunce di infortuni con esito mortale nel primo trimestre 2021 sono superiori rispetto al 2020, probabilmente perché a gennaio-marzo dello scorso anno la presenza del coronavirus era limitata sia nello spazio (nord e in particolare Lombardia) che nel tempo (mese di marzo). Quest’anno invece il primo trimestre è stato in piena seconda-terza ondata».
In senso più ampio, questi grafici pubblicati dal Post danno un quadro piuttosto chiaro di come la situazione sia migliorata nel corso degli ultimi anni.
Certamente ci sono margini di miglioramento, ma non si può dire che la situazione non stia migliorando.
Il problema dei controlli
Ciò su cui invece restano le perplessità sono i controlli, in calo, e il numero insufficiente di ispettori destinati a questa attività. «I sindacati Cgil, Cisl e Uil – scrive il Post – hanno lanciato un appello per chiedere di migliorare le ispezioni «in quantità, qualità e frequenza» anche attraverso “l’integrazione delle banche dati disponibili, lo sviluppo di tutti i servizi di prevenzione e per la sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso assunzioni mirate e finanziamenti ad hoc”. I dati dicono che la percentuale di irregolarità riscontrata durante i controlli dell’ispettorato del lavoro è elevata. Nel 2020, sono emerse 8.068 irregolarità sui 10.179 accertamenti eseguiti, il 79,3 per cento dei casi. L’epidemia ha influito anche sull’andamento dei controlli, passati dai 18mila del 2019 ai 10mila del 2020. Al momento, invece, non è possibile sapere quanti siano stati i controlli eseguiti dalle aziende sanitarie, che svolgono la maggioranza degli accertamenti, ma è presumibile che anche questi siano calati a causa dell’emergenza coronavirus».
Secondo Simone Cosimi, su Wired, alla base di molti infortuni che colpiscono i lavoratori più giovani ci sono i problemi contrattuali. Oltre al lavoro nero, chi è all’inizio del percorso lavorativo si trova più spesso a operare senza il giusto addestramento e in mansioni che si discostano da quelle previste dal contratto: «L’Agenzia europea per la sicurezza sul lavoro spiega come le persone fra i 18 e i 24 anni, proprio la fascia d’età di Luana D’Orazio, rischino più degli adulti di subire un infortunio grave sul lavoro. I problemi fondamentali sono le competenze e le conoscenze insufficienti, il fatto di non padroneggiare con completezza i diritti e gli obblighi dei datori di lavoro, spesso la mancanza di coraggio per parlare con qualcuno dei problemi, specie se sono in condizioni di necessità o alle prime armi e in particolare, spiega l’agenzia, “il mancato riconoscimento, da parte dei datori di lavoro, della tutela supplementare che occorre garantire ai giovani lavoratori”. I giovani dovrebbero ricevere incarichi adatti e formazione e supervisione adeguate. E invece in Italia finiscono spesso per doversi arrangiare, fare buon viso a pessimo contratto, parlare poco e familiarizzare con la cultura della sicurezza solo nel corso del tempo, magari rendendosene conto dalla rischiosa esperienza e non da una preparazione completa».
(Foto di Ricardo Gomez Angel su Unsplash )
Col sangue si fanno un sacco di cose
Le trasfusioni di sangue intero sono solo una piccola parte di ciò che si può fare con i globuli rossi, le piastrine, il plasma e gli altri emocomponenti. Ma tutto dipende dalla loro disponibilità, e c’è un solo modo per garantirla.