Quest’anno è stata proposta la New York Declaration on Animal Consciousness, che fa seguito alla Dichiarazione di Cambridge del 2012, che sfida la visione cartesiana degli animali come macchine prive di emozioni. Ma l’idea fatica a radicarsi nel pubblico generale, che spesso rifiuta il concetto di senzienza negli animali. Ne scrive Scienza in Rete.
«Si dichiara quanto segue: L’assenza di una neocorteccia non sembra precludere ad un organismo l’esperienza di stati affettivi. Prove convergenti indicano che animali non-umani possiedono i substrati neuroanatomici, neurochimici e neurofisiologici degli stati consci assieme alla capacità di esibire comportamenti intenzionali. Conseguentemente, il peso delle prove indica che gli umani non sono unici nel possedere i substrati che generano la coscienza. Gli animali non-umani, inclusi tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, compresi i polpi, anch’essi possiedono tali substrati neurologici». Proceedings of the Francis Crick Memorial Conference, Churchill College, Cambridge University, 7 luglio 2012.
Questa la famosa Cambridge Declaration on Consciousness, scritta e firmata non da animalisti ma da neuroscienziati, accademici, ricercatori, docenti universitari nel campo delle scienze cognitive e delle neuroscienze. Come è venuto loro in mente?
Perché c’erano, dieci anni fa, già 2.500 pubblicazioni (adesso sono come minimo il triplo) che, dati alla mano, dimostravano sperimentalmente che non è la neocorteccia la sede delle emozioni, della gioia e del dolore, della paura e della felicità. La neocorteccia interviene e complica le cose per le specie più dotate, ma non è lei la responsabile. Per l’esattezza lo è invece il tronco encefalico, come spiega il neuroscienziato Antonio Damasio in questo video, una zona molto antica e conservata del cervello dei vertebrati. Altro esempio: noi umani siamo molto più cognitivi di altre specie, ma non siamo per niente i detentori unici dei neuroni specchio, oltre che del tronco encefalico; e anche se a tutt’oggi l’importanza del loro ruolo nel caso dell’empatia è ancora discussa e ci sono scienziati, a partire da Frans De Waal, che avanzano riserve, non si tratta solo di empatia: si parla di senzienza, cioè della capacità di provare emozioni in generale.
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(Foto di Stefanie Poepken su Unsplash)
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