Ci sono diverse app che promettono di rendere più semplice e tempestiva la segnalazione di casi di violenza contro le donne. Il Post ha raccolto e recensito le principali che circolano in Italia, soffermandosi in particolare su una che sembra essere molto efficace e ben fatta. Di seguito un estratto dall’articolo.
Alcuni giornali francesi si sono occupati di recente delle applicazioni pensate per dare un aiuto immediato alle donne che si trovano in una situazione di pericolo ed emergenza; e che hanno, a seconda dei casi, funzionalità e principî molto diversi tra loro. Alcune di queste app hanno attirato le critiche di molte attiviste femministe; altre, come App-Elles, disponibile anche in Italia, sono state generalmente apprezzate.
I prerequisiti di una buona app anti-abuso, come vengono chiamate, dovrebbero essere la sua gratuità, il collegamento con operatori e personale specificatamente formato per affrontare la violenza di genere, e la tutela da ulteriori potenziali rischi a cui l’app stessa, attraverso i servizi di geolocalizzazione o conservazione dei dati, potrebbe esporre. Spesso la descrizione con cui quelle stesse applicazioni vengono presentate è però molto generica e fuorviante: molte, di fatto, non garantiscono un pronto intervento ma soltanto una serie di informazioni, sebbene spesso utili.
In Italia le app dedicate alla violenza contro le donne e alla loro sicurezza sono almeno una quindicina. Molte sono soprattutto informative: quella dell’Associazione D.i.Re – “Donne in Rete contro la violenza” – per esempio è gratuita, contiene i numeri di emergenza, ma è stata pensata soprattutto per cercare e trovare il Centro Antiviolenza più vicino e ricevere informazioni utili. Altre rispondono alla specifica esigenza di trovare un aiuto immediato in caso di pericolo: sono spesso a pagamento, e quasi tutte permettono di inviare una segnalazione direttamente ai numeri di emergenza, al 1522 (il numero anti-violenza del Dipartimento per le pari opportunità) o a una centrale operativa che prova a contattare chi chiede aiuto o a sua volta le forze dell’ordine. In questo caso i dati con la propria posizione vengono condivisi con persone terze, ma non è chiaro quale sia la loro formazione né se siano davvero in grado di valutare la pericolosità della situazione.
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