Alcuni epidemiologi hanno firmato un appello per chiedere una più capillare disponibilità e utilizzo dei dati relativi all’epidemia da coronavirus. L’intento è favorire un approccio più articolato all’emergenza, in modo da permettere alla comunità scientifica italiana di proporre interventi più mirati per contenere e gestire il problema. Di seguito abbiamo riassunto gli otto punti contenuti nell’appello, che si può trovare in forma integrale sulla rivista Epidemiologia e prevenzione.
- I dati fin qui diffusi rappresentano solo una parte del fenomeno. Ciò che occorre, scrivono gli autori, è «una rapida modifica nelle modalità di acquisizione, trasmissione ed elaborazione dei dati». Gli autori suggeriscono di partire dall’esperienza raccolta negli anni in cui ebbe un’impennata la diffusione del virus dell’HIV, con un approccio che permetterebbe di ricostruire il profilo di circolazione dell’infezione. «Dai dati individuali raccolti è possibile stimare indirettamente il numero di persone infette e contagiose nella popolazione, e disporre di elementi essenziali alla programmazione di interventi di contrasto».
- «I sistemi informativi sanitari correnti (schede di dimissione ospedaliera, pronto soccorso, farmaceutica, mortalità) devono essere interrogati fin da subito per valutare la salute della popolazione nello stato di emergenza. È opportuno disporre di informazioni rapide sul ricorso alle cure della popolazione generale, fin dall’inizio della epidemia, e sulla evoluzione dello stato di salute. Cruciale è la disponibilità di dati sulla mortalità giornaliera che provengono dai comuni, specie nelle aree più colpite. Questo è un compito immediato per i servizi di epidemiologia regionali, con una regia nazionale».
- A livello regionale, si chiede una maggiore indagine epidemiologica per ricercare e isolare immediatamente le persone che hanno avuto contatti con i contagiati. Nonostante le difficoltà dovute alla carenza di personale da dedicare all’attività, occorre fare uno sforzo in questo senso. Tale attività, scrivono gli autori, «se svolta in modo coordinato, può contribuire in modo importante a ridurre la circolazione virale ed è stata la chiave di volta del contenimento nella Corea del Sud». Un impegno che andrà mantenuto anche quando cesseranno i limiti al movimento delle persone. «Nelle reti di controllo epidemiologico vi sono gli strumenti per sostenere tale attività in modo coordinato e adeguatamente informatizzato».
- «I dati raccolti sul campo vanno tempestivamente analizzati perché diventino informazioni». Gli autori fanno riferimento all’analisi dei “cluster”, che possono essere di natura familiare, lavorativa, sociale, legata a un evento, o a particolari attività professionali. È un modo per informarsi meglio sui punti critidi della circolazione del virus. «I risultati di tali valutazioni vanno immediatamente diffusi e rappresentano un contributo valido, oltre che a fermare l’epidemia, anche dal punto di vista scientifico».
- «È prioritario che l’identificazione dell’infezione, attualmente riservata ai casi sintomatici, sia estesa immediatamente ai gruppi a rischio (sanitari, personale del clero impegnato per problemi epidemici, forze dell’ordine e dell’esercito, addetti alla distribuzione alimentare e al trasporto dei beni indispensabili); in prima istanza il personale sanitario coinvolto in attività assistenziali che già sta pagando un tributo elevato in termini di infezioni».
- «Dobbiamo rafforzare la capacità del sistema sanitario di prevedere l’andamento della epidemia, dei bisogni assistenziali e di tanti altri parametri importanti per la gestione ed il controllo nei prossimi mesi. […] Abbiamo bisogno di informazioni continue sull’andamento epidemico, sulla stratificazione della popolazione a rischio (e la composizione sociale), sulla disponibilità delle strutture assistenziali, e sull’incertezza relativa a tutti i parametri che entrano in gioco».
- Gli autori dell’appello invocano un cambio nella gestione della comunicazione del contagio. Pur nell’incertezza che inevitabilmente accompagna eventi simili, è necessario argomentare e spiegare in maniera chiara affinché le persone coinvolte (cioè tutti, a diversi livelli) possano agire con più consapevolezza.
- Infine, l’appello a un maggiore dialogo tra le regioni nella risposta all’epidemia. «Il programma di formazione in epidemiologia applicata, coordinato per molti anni dall’Istituto superiore di sanità, era fondamentale per parlare tutti lo stesso linguaggio. Ridiamo forza e ruolo al Sistema sanitario nazionale, non solo nelle attività di diagnosi e terapia ma anche e soprattutto nella sua capacità di coordinamento degli interventi di sanità pubblica. Ricostruiamo e trasformiamo le reti esistenti in punti di raccolta, analisi e interpretazione dei dati per fronteggiare l’epidemia sotto un coordinamento di riconosciuta autorevolezza».