È terminato il censimento 2011 del parco auto della pubblica amministrazione. La buona notizia è che rispetto al conteggio precedente c’è stata una riduzione del 10 per cento. Quella brutta che la cifra complessiva resta comunque impressionante: 59.216 auto (ma si stima siano almeno 5mila in più, sommando la percentuale degli enti che non hanno risposto all’interrogazione).
Fa ben sperare l’atteggiamento del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, presieduto da Filippo Patroni Griffi, che si è detto determinato ad andare a fondo nella questione, indagando sul perché alcuni enti non hanno risposto e quale sia la loro situazione reale. E soprattutto ha dichiarato l’intenzione di proseguire con il monitoraggio costante della situazione, in modo da normalizzare progressivamente il numero di auto blu.
«In un momento di grandi sacrifici per decine di milioni di cittadini italiani ed europei –ha dichiarato il ministro– riteniamo di integrare ulteriormente le già rigide previsioni normative di riduzione di utilizzo di auto blu da parte delle amministrazioni pubbliche, prevedendo ulteriori azioni e se necessario disposizioni per accertare che le riduzioni previste si traducano in effettivo risparmio permanente e contributo al risanamento dei conti pubblici. Sulla trasparenza in tema di uso di auto pubbliche l’Italia può diventare un esempio virtuoso per tutta l’Unione europea, dove raramente esiste un monitoraggio continuo e così dettagliato».
Di strada da fare (perdonate la metafora) ce n’è ancora molta, prima di poter arrivare a un così prestigioso risultato. Esistono infatti numerose problematiche da risolvere. Innanzitutto le disomogeneità territoriali, per cui molte amministrazioni locali del Sud Italia (circa il 30 per cento) non hanno fornito dati. Vi è poi un numero molto elevato di auto di proprietà (il 79 per cento), rispetto a quelle a noleggio senza conducente (19 per cento) e in leasing e comodato (1 per cento). E non è tutto, perché il parco auto della pubblica amministrazione risulta anche «obsoleto, diseconomico e con considerevole effetto inquinamento», dato che ben 16mila esemplari (il 27 per cento del totale) hanno oltre dieci anni, e il 34 per cento ha tra cinque e dieci anni di utilizzo. Inoltre, circa ottocento auto risultano non utilizzate.
Vi è poi il problema della cilindrata, fissata a un massimo di 1.600 cc dal decreto legge 98 del 2011. Attualmente il 16 per cento delle vetture risulta superiore ai 1.900 cc, mentre il 3,6 per cento sta tra i 1.600 e i 1.900 cc. Interessante il fatto che 300 di queste “fuori quota” siano state immatricolate dopo l’entrata in vigore del decreto legge. Visto il chiaro intento di abbattimento degli sprechi dell’operazione, c’è anche una precisa idea di quanto si punta a risparmiare: 300 milioni di euro annui, a fronte del miliardo e 750 milioni di euro che attualmente costa il mantenimento di questa ampia collezione. Attenderemo le prossime comunicazioni del Ministero per verificare che effettivamente agli sforzi corrispondano altrettanti risultati. Nel frattempo, i cittadini possono tenere d’occhio la situazione degli enti del proprio territorio, consultando il sito che presenta la banca dati complessiva delle auto della pubblica amministrazione.