«Nonostante i consistenti risparmi degli ultimi anni, restano ancora troppo elevati i numeri e i costi delle auto blu in Italia. Se alcune amministrazioni stanno riducendo il loro parco auto eliminando davvero gli sprechi, in molte altre, specialmente al sud, si prosegue nell’irresponsabile ostentazione dell’auto blu come “status symbol”». Lo ha spiegato il ministro per la Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia commentando i dati del Censimento permanente e monitoraggio dei costi delle auto pubbliche realizzato da Formez Pa. La spesa per le auto blu e grigie ha infatti superato anche nel 2012 il miliardo di euro, seppure di poco (1.050 milioni). Sono stati risparmiati 128 milioni di euro rispetto al 2011, con una riduzione del 12 per cento. Rispetto al 2009 il calo è del 26 per cento. Ma siamo ancora molto lontani dall’obiettivo prospettato dal precedente governo di ridurre da quest’anno la spesa per auto pubbliche alla metà di quella del 2011. La tendenza alla riduzione c’è, ma è ancora troppo timida per lasciare sperare che si raggiunga l’obiettivo entro il 2013.
Il numero di vetture a disposizione degli enti pubblici, dall’amministrazione centrale agli enti locali, risulta ancora sproporzionato rispetto allo stile di vita che un Paese come il nostro può permettersi. Dal Sole 24 Ore: «E la cosa più assurda è che poco più di settemila “auto blu” -ovvero quelle in uso esclusivo o non esclusivo e le auto a disposizione degli uffici con e senza autista di cilindrata superiore a 1.600 cc- costano circa 400 milioni. Mentre le 52.500 “auto grigie” -comprendenti le auto a disposizione degli uffici senza autista, oppure quelle con e senza autista di cilindrata inferiore a 1.600 cc- costano 539 milioni. Una sproporzione che, da sola, dimostra quali margini di risparmio siano ancora disponibili».
Altro dato decisamente sconfortante è la percentuale di partecipazione all’indagine continua sulla spesa per le auto di servizio. «La partecipazione a questo monitoraggio -spiega ancora il Sole– non è obbligatoria come lo sono le comunicazioni sulle auto in dotazione previste per il censimento permanente. Conseguenza: solo il 48 per cento degli enti ha informato il Dipartimento Funzione pubblica sulla spesa sostenuta l’anno scorso. Enti che raccolgono il 64 per cento del personale dipendente dedicato a questo servizio. Forse introdurre un obbligo in più aiuterebbe. Non solo per far emergere un altro pezzo di spesa ma anche (soprattutto) per tagliarlo». Il Tempo pubblica anche quali sono stati gli enti più virtuosi nel dare le informazioni rispetto a quelli più reticenti: «Hanno fornito i dati soprattutto i Consigli e le Giunte regionali, le Province, le Asl, le Camere di Commercio, i Comuni capoluogo e le università pubbliche del centro-nord (in particolare quelli della Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto). Meno informazioni, a volte nessuna risposta, si sono avuti invece dalle amministrazioni del Sud».
Non è la prima volta che sondaggi di questo tipo finiscono per essere mancanti di alcuni dati fondamentali per la scarsa collaborazione degli enti locali. Ci piacerebbe capire in base a quale diritto chi utilizza i soldi pubblici versati dai cittadini si permette di non rispondere su come li ha utilizzati, per soddisfare quali necessità e con quale livello di efficienza. Ancora una volta, chi è stato eletto (o nominato) per esercitare funzioni di pubblico interesse in un clima che sembrava da “resa dei conti” in merito agli sprechi e agli abusi, si dimostra non collaborativo sulla gestione di una delle voci di spesa più odiose per chi non ha la “fortuna” di ricoprire una carica pubblica. Se questo è il nuovo clima della vita politica del Paese, ci aspettavamo qualcosa di più.