La “bodily autonomy”, in italiano “autonomia sul corpo” o “autonomia corporea”, è il diritto di ciascun essere umano a decidere liberamente sul proprio corpo e sul proprio futuro, senza violenza o coercizione, e comprende la possibilità di scegliere se e con chi fare sesso, se e con chi progettare una gravidanza e la libertà di cercare e ricevere assistenza medica tutte le volte che se ne senta il bisogno. Eppure donne e ragazze in tutto il mondo affrontano molte limitazioni alla propria “bodily autonomy”, con conseguenze anche gravi per la loro salute, il loro benessere e potenziale di vita. Proprio su questo tema si concentra il Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2021 (in inglese), presentato oggi in contemporanea mondiale da Unfpa-Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione e intitolato “Il corpo è mio. Diritto all’autonomia e all’autodeterminazione”.
Solo il 55% delle donne sceglie liberamente del proprio corpo
In base alle stime del rapporto Unfpa 2021, solo il 55% delle donne a livello globale può scegliere liberamente in tutte e tre le dimensioni dell”autonomia corporea stabilite dall”indicatore Sdg (Sustainable Development Goal) 5.6.1, fissato dalle Nazioni Unite con l’adozione dell’Agenda 2030 per aiutare i governi a tenere traccia dei processi compiuti rispetto al diritto alla salute sessuale e riproduttiva e dei diritti riproduttivi per tutte e tutti (5.6).
L’indicatore si basa sulla risposta data da donne tra i 15 e i 49 anni a queste tre domande: “Chi decide di solito in che modo tutelare la tua salute?”; “Chi decide di solito se devi assumere o meno dei contraccettivi?”; “Puoi dire di no a tuo marito o al tuo partner, se non vuoi avere un rapporto sessuale?”. Solo quelle capaci di prendere le proprie decisioni in tutte e tre le dimensioni sono considerate veramente autonome.
La geografia dell’autonomia corporea sulla base di sdg 5.6.1
Tra i 57 Paesi coperti dall”indicatore 5.6.1, quello con il punteggio più alto rispetto all’autonomia del corpo è l’Ecuador (87%) in America Latina, quelli con la percentuale più bassa sono Niger e Senegal, nell’Africa sub-sahariana (entrambi al 7%). Regione, questa, che registra complessivamente una cifra relativa all’Sdg 5.6.1 inferiore al 50% assieme all’Asia centrale e meridionale, mentre la situazione migliora nettamente in Asia orientale e sud-orientale, in America Latina e nei Caraibi, dove la percentuale cresce al 76%, con variazioni anche importanti nell’ambito della stessa regione.
Incongruenze nelle tre dimensioni
Non è detto che un’alta percentuale in una dimensione corrisponda allo stesso risultato nelle altre due. Se in Mali, ad esempio, il 77% delle donne decide autonomamente sui contraccettivi, solo il 22% è in grado di farlo nella ricerca dell’assistenza sanitaria. In Etiopia, invece, a fronte del 53% di donne che si sentono libere di dire no al sesso, il 94% sceglie in modo indipendente sui contraccettivi.
Oltre i parametri dell’indicatore 5.6.1
Sull’autonomia corporea di donne e ragazze, però, il diritto internazionale va oltre i parametri stabiliti dall’indicatore Sdg 5.6.1 e prende in considerazione anche altri aspetti. Dalle violenze sul corpo, come lo stupro, espressamente criminalizzate ormai in tutti i Paesi, alle pratiche dannose che ricalcano disuguaglianze di genere, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e/o forzati. Fino alle sterilizzazioni forzate, gli stupri omofobici, transfobici o coniugali, i test di “verginità”, i delitti “d’onore”, la coercizione riproduttiva, o le leggi che in alcuni Paesi ancora permettono agli stupratori di sposare la donna per sfuggire alla pena.
Alcuni di questi abusi hanno conseguenze gravi sulla salute e sul benessere delle donne. È il caso dello “stupro coniugale”, in cui, oltre al danno psicologico, si riscontrano lesioni fisiche legate al sesso forzato, gravidanze indesiderate, aborti spontanei e malattie sessualmente trasmissibili come l’Hiv. Alcuni studi hanno poi riscontrato una correlazione tra stupro coniugale e matrimonio precoce, mentre ci sono ancora Paesi dove gli uomini condannati per violenza sessuale possono far annullare la sentenza sposando la donna violentata (tra questi: Algeria, Angola, Bahrain, Bolivia, Camerun, Repubblica Dominicana).
Solo il 56% paesi promuove educazione sessuale completa
L’80% dei Paesi a livello mondiale ha leggi che tutelano la salute e il benessere sessuale, il 75% norme che garantiscono un accesso completo e paritario alla contraccezione, il 56% ha leggi che sostengono un’educazione completa alla sessualità.
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(Foto di Victoria Strukovskaya su Unsplash )
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