Per Avis, quello attuale è un momento decisivo. Gli effetti della crisi, ovviamente, si fanno sentire anche sul mondo del volontariato. Ma non è questo il motivo principale della considerazione. Le cause sono infatti interne all’associazione, e ascrivibili a questioni che da tempo Avis Legnano denuncia, e che il presidente Roberto Stevanin ha ribadito nel corso dell’assemblea della sezione comunale e in quella provinciale. Il 16 dicembre 2010 la Conferenza Stato-Regioni ha definito l’accordo sui “Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie dei servizi trasfusionali e delle unità di raccolta del sangue e degli emocomponenti”.

La norma stabilisce un percorso che ha come esito finale l’accreditamento di tutte le strutture trasfusionali, tra cui le Unità di raccolta (Udr), entro il 31 dicembre 2014. Un termine che non prevede deroghe e che, visto l’impegno che richiede per essere rispettato, si può considerare “dietro l’angolo”. Gli “anelli deboli” si nascondono infatti in diversi punti della catena, e i problemi stanno dentro e fuori dall’associazione. Per chi fa attività di raccolta, come anche Legnano, la collaborazione col sistema trasfusionale pubblico è fondamentale, e i problemi organizzativi di tutto l’iter richiedono una gestione delicata e capace. (Da questo punto di vista la Lombardia, unica insieme al Lazio, si trova in difetto, non avendo ancora recepito la delibera della Conferenza Stato-Regioni).

Spesso, quella dell’Avis è percepita dagli enti sanitari territoriali come esternalizzazione di un servizio, come fonte di approvvigionamento di una risorsa in qualche modo dovuta, da cui consegue una gestione non partecipata del processo di raccolta e un trattamento poco attento al più complesso funzionamento del sistema sangue. Ci preme sottolineare che quello delle Udr è invece un indispensabile supporto alle strutture trasfusionali, anche per la maggior flessibilità con cui viene gestita dall’associazione.

La donazione di sangue è frutto dello spirito di solidarietà del donatore, a cui il Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha l’obbligo di dare una risposta che ne faciliti la realizzazione concreta, senza eccessivi sacrifici per chi fa questa scelta. La semplicità di accesso alla donazione è il presupposto logistico della presenza sul territorio delle Udr, che hanno il merito di dare un contributo rilevante al raggiungimento dell’autosufficienza di sangue ed emoderivati in Italia.

Programmazione è quindi la parola chiave per il raggiungimento di tale scopo, e va raggiunta tramite accordi presi di concerto, Azienda per Azienda. Ciò che ci auguriamo capiscano tutti i soggetti coinvolti in questo processo, dalle Aziende ospedaliere alle Udr, fino ai livelli apicali di Avis, è l’opportunità di crescita insita nel cambiamento. Adeguarsi agli standard europei non farà che livellare verso l’alto gli standard donazionali, garantendo così un trattamento migliore per chi dona e chi riceve, ossia le due variabili che innescano e danno senso all’esistenza di un’associazione come la nostra. Inoltre, il passaggio permetterà di “certificare” il sangue donato tramite Avis presso le aziende di plasmaproduzione, contribuendo così in maniera determinante all’autosufficienza di emoderivati, e andando inoltre ad alimentare un processo remunerativo per il Ssn. In questo processo, la dirigenza Avis avrà un ruolo cruciale, ed è per questo che sono già iniziati percorsi di formazione interni per istituire figure di riferimento per la valutazione e la facilitazione del cambiamento.