C’è un filo conduttore molto evidente negli ultimi due post (1 e 2) pubblicati su ZeroNegativo, ed è il concetto di giustizia. Ma questo filo, nel collegare epoche e società, attraversa anche la nostra associazione. Ciò a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno e mezzo all’interno di Avis ci ha resi più consapevoli di come questa associazione sia cambiata nel tempo.
Crescita e cambiamento
Nel suo crescere e diventare un organismo sempre più complesso, Avis è riuscita ad affermarsi in un mondo in rapido cambiamento. La difficile operazione di ricambio generazionale alla dirigenza è riuscita solo in parte, e tuttora la situazione è molto diversificata nel Paese. Ma se i territori sono da sempre resilienti al cambiamento (e nei casi più felici sono in grado di prevederlo), è a livello nazionale che si registrano le più forti debolezze dell’associazione. Nella turbolenta vicenda che ha portato alle dimissioni dell’ex presidente Alberto Argentoni, a rimetterci è stata soprattutto la credibilità dell’associazione. Avis sta dimostrando di avere grandi risorse, che attingono dalla sua storia e dalle tante persone valide che la compongono, e sta faticosamente riconquistando il posto che le spetta ai tavoli che contano, per tornare a essere un interlocutore autorevole agli occhi delle istituzioni.
Giurisdizione interna
Ma è all’interno che qualcosa non va, e bisogna agire da subito per rimettere mano agli equilibri associativi, a partire dagli organi di giurisdizione: il Giurì nazionale e il Collegio dei probiviri. Alcune recenti decisioni di questi organi hanno messo in luce tutti i limiti dei meccanismi disciplinari interni. Come nel resto della società, anche Avis si è data una separazione dei poteri per garantire equilibri, indipendenza e democraticità delle decisioni. In Italia ci si lamenta talvolta dell’eccesso di discrezionalità di giudici e magistrati. Dentro Avis la tendenza è opposta, e vede un esercizio eccessivamente prudente ed esitante delle prerogative disciplinari. In entrambi i casi il risultato è lo stesso: la non certezza della pena, oltre alla mancanza di garanzia di esecutività delle decisioni. Una pratica che va a tutto danno di chi è portato davanti agli organi disciplinari, la cui difesa finisce per essere sorretta non da una piena constatazione di correttezza o estraneità rispetto ai fatti, ma da clausole e sentenze che prendono di mira piuttosto il rispetto pedissequo delle procedure.
Specchio della società
Avis è sempre stata uno specchio della società, ma di un tipo particolare, in grado di selezionare il meglio e di suggerire formule, soluzioni e logiche nuove, diverse rispetto all’esterno. Da qualche tempo questa tendenza è molto meno marcata, molto meno visibile. Ci stiamo trasformando in un normale specchio, non più in grado di selezionare ma solo di riflettere, replicare. A partire dai prossimi mesi Avis si troverà davanti una sfida enorme e decisiva, ossia la riforma dello Statuto. Le cogenze normative impongono di spostare al livello nazionale un ruolo di vigilanza che finora è stato distribuito sui livelli di coordinamento. Non perdiamo questa occasione per riflettere sugli organismi di vigilanza, che da domani avranno un ruolo sempre più importante. Dobbiamo essere chiari e concordi sul loro funzionamento e sul potere che sono chiamati a esercitare. Perché come in tutte le organizzazioni complesse, è bene essere predisposti al meglio, ma preparandosi al peggio.
(Foto di Emily Morter su Unsplash)
Il percorso dell’ adeguamento degli statuti è terminata il 19 maggio alla Assemblea Nazionale di Riccione. Le comunali avevano concluso l’iter a FEBBRAIO e , a seguire, le avis provinciali a marzo e le regionali ad aprile. Tanto per precisazione in quanto l’adeguamento dello statuto Nazionale è stato approvato a gennaio 19 e subito dopo quello delle sottordinate.
Gentile Domenico,
grazie per il commento. Ciò che scrive vale per quanto riguarda l’adeguamento di tutti i livelli associativi alle prescrizioni della legge 117 del 2017. Il nostro post (assieme ai due precedenti) si riferisce a un più ampio processo che dovrà dare all’associazione un “vestito” adeguato ad affrontare i prossimi 10-15 anni. Questo percorso non è ancora cominciato, e dovrà coinvolgere tutti gli oltre 30mila dirigenti Avis.
Articolo buono ma non firmato a quanto posso constatare. Lo statuto deve essere aggiornato alle moderne esigenze ma con regole valide per tutti e non conformi alle realtà esistenti. Per quanto riguarda gli organi di controllo, soprattutto giurisdizionali, è necessario abbiano un vero potere nel promulgare pene statutariamente contemplate e statutariamente fatte applicare, inoltre una maggiore velocità di intervento. La Avis nazionale, se osservate bene, nel suo agire rispecchia la situazione italiana on tutti o suoi aspetti, quindi se va avanti così non so come andrà a finire.
Gentile Roberto,
grazie per il commento. L’articolo non è firmato perché condiviso da tutta Avis Legnano. Aggiungiamo che il percorso di riforma e approvazione del nuovo Statuto potrà essere l’occasione per invertire la tendenza che anche lei rileva nell’ultima parte del suo commento, e per dare all’Italia una Avis più adeguata al nostro tempo.
Buongiorno, condivido appieno i concetti riportati negli articoli in quanto A.V.I.S., pur con l’onere e l’onore di custodire gelosamente i principi e gli scopi per cui è nata, dovrà sempre più adeguarsi ai mutamenti della società italiana, ai nuovi rapporti sociali che vi sono tra le persone e non ultimo ai cambiamenti del sistema sanitario nazionale. Parte importante per essere, cone si dice, “al passo con i tempi”, è far si che la giustizia domestica della nostra associazione sia non solo sentenze/ordinanze emesse dagli organi preposti a seguito di ricorsi presentati per motivi fondati, ma che a tali provvedimenti disciplinari segua poi una reale esecuzione/attuazione delle decisioni prese e sancite dagli organi di giustizia interna. Non è corretto che alla parte condannata, sia essa socio persona giuridica o socio persona fisica, non venga applicata la sanzione disciplinare decisa; il presidente del livello associativo della parte condannata,o quello di livello superiore, è tenuto a far sì che venga ” eseguita” la sentenza, ma se ciò non avviene o se la parte condannata è reticente che si fa? Di certo ne perde di credibilità tutta l’associazione, ma ciò che è peggio è che la democrazia associativa cessa e si passa al libero arbitrio. Forse va cambiato il procedimento di giustizia, forse vanno ripensate le tipologie delle sanzioni associative, forse va tenuto solo un grado di giustizia e non due, forse va creato un nuovo organo terzo di giustizia che si occupi dell’esecuzione della condanna emessa (tipo tribunale di sorveglianza) liberando i presidenti dall’incombenza… Vi è un secondo, a mio avviso, ulteriore fattore di “crisi associativa”, il sempre maggior numero di ricorsi e controricorsi presentati con motivazioni infondate o presentati agli organi di giustizia interna di livello sbagliato; per onore di verità, spesso capita che tale inflazionamento di ricorsi nasca da sentenze di primo grado sbagliate o non esaustive e dirimenti la vicenda in questione. Questa situazione potrebbe essere controllata con un’accurata scelta dei componenti degli organi di giustizia, scelta che vada a individuare persone adeguate all’incarico associativo che andranno a svolgere. Termino questo mio lungo pensiero con un terzo aspetto che a mio avviso sarebbe opportuno discutere, ovvero il fatto che se una delle due parti in causa è il socio persona fisica le spese che deve sostenere per arrivare alla sentenza spesso o quasi sempre sono a carico personale; se invece è un socio persona giuridica le spese vanno a carico dell’A.V.I.S.. Tale diversa attribuzione dell’onere di pagamento delle spese crea a mio avviso una disparità tra le parti che non riguarda l’impianto associativo della giustizia domestica ma solo la possibilità economica di ricorrere ad essa. Spero di aver espresso correttamente ed in modo chiaro il mio pensiero, ritengo però che la più importante e fondante miglioria al nostro sistema di giustizia domestica sia il buon senso,il rispetto dei diritti ma sopratutto dei doveri che si assumono diventando soci dell’A.V.I.S. GIORA ANDREA componente supplente COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBIVIRI.
Anche le sentenze di secondo grado sono spesso deludenti, sbagliate, palesemente contrarie allo statuto e ai regolamenti. Per esempio, capita che anziché applicare una norma espressa molto chiara, se ne inventi un’altra tramite un’arbitraria utilizzazione della norma di rinvio. Se un istituto è regolato direttamente da una norma espressa, non la si può eludere andando a ripescarne un’altra dallo statuto nazionale mediante il meccanismo del rinvio. Ad esempio, gli statuti da regionale in giù non prevedono la decadenza del consiglio direttivo per effetto della mancata approvazione del bilancio consuntivo e non è corretto e conforme a statuto applicare forzatamente la decadenza tramite il rinvio allo statuto nazionale che invece lo prevede. Le norme sono chiare: a livello nazionale la decadenza è prevista e si applica, ai livelli inferiori non è prevista e non si deve applicare.
Inoltre, se un procedimento viene attivato per dirimere una controversia sull’interpretazione di una disposizione statutaria, non è accettabile che si concluda a sorpresa con l’applicazione di sanzioni disciplinari. Le sanzioni disciplinari possono essere comminate solo a seguito di una precisa contestazione al socio e dopo che questi ha avuto la possibilità di difendersi mediante un congruo termine a ciò finalizzato.
Se poi il regolamento prevede che la decisione venga comunicata con raccomandata, non è accettabile che venga invece comunicata con semplice mail. Poi i termini per decidere sono 90 giorni, non è accettabile che i probiviri si tengano le cause per mesi e mesi, senza nemmeno prendersi l’onere di deliberare appositamente la proroga, come invece dispongono gli statuti. E tante tante altre anomalie.