A seguire la vicenda di Monte dei Paschi di Siena, viene da pensare che le responsabilità maggiori nel fatto che la situazione sia arrivata a tale livello di gravità siano nel sistema di controllo e nel suo (mal)funzionamento. Esiste infatti un organo deputato al controllo dei bilanci delle banche italiane, ma evidentemente tale funzione non è stata esercitata in maniera efficace, se permette operazioni in cui una banca (per esempio Mps, siamo al 2007) ne acquisisce un’altra (Antonveneta, finita allora sotto la spagnola Santander) per quasi il doppio del suo prezzo di mercato (10 miliardi, contro i 6,6 del suo valore). Prima o poi il “marcio” viene a galla, ma di solito quando questo avviene è già tardi per intervenire.
L’organo cui facciamo riferimento è la Banca d’Italia, ente pubblico le cui quote sono in mano a privati, deputata tra l’altro al controllo dei bilanci degli istituti italiani. La domanda, in questi casi, è scontata: chi controlla il controllore? Il problema di Bankitalia sta tutto nel suo consiglio di amministrazione (qui la composizione dei partecipanti al capitale), costituito principalmente da banche e assicurazioni. In sostanza, un sistema che fa riferimento a se stesso, se sono le banche stesse (in particolare i gruppi principali, Intesa San Paolo e Unicredit) a detenere la maggioranza delle quote e quindi dei voti. È un corto circuito molto evidente, ma che nessuno sente di dover mettere in evidenza quando si parla di riforma del sistema bancario.
Da qui la richiesta che estendiamo a tutti i candidati alle prossime elezioni, di qualsiasi schieramento: cambiate le regole. Banca d’Italia non deve neanche più occuparsi di “battere moneta”, visto che dal 2002 è in circolazione l’euro. (O meglio, anche la nostra banca centrale stampa banconote e monete, ma è la Banca centrale europea a decidere quante ne deve produrre ciascun Paese, e poi il contante viene messo in circolazione in tutti gli Stati che aderiscono alla moneta unica). Ma a parte questo, torniamo a dire che prima di assistere alla caduta delle altre banche che hanno il destino già segnato, a causa di una gestione malsana (non controllata, o comunque tollerata da Bankitalia), è il caso di non perdere questa occasione e pensare subito a una riforma del sistema. Creiamo un’authority deputata al controllo, chiediamo aiuto all’estero, chiamiamo gli osservatori Onu. Stiamo esagerando, ma in qualche modo bisogna fare in modo che questa «contiguità e complicità» finisca e le banche operino in un sistema in cui non si controllano da sole.