Se un’auto sorpassa una bicicletta non fa notizia, ma quando accade il contrario si accende la curiosità. È avvenuto, in senso lato, nel 2011, quando in Italia si sono vendute più bici che automobili: 1.750.000 contro 1.748.143. Quasi duemila pezzi in più, scrive Fabio Tonacci su La Repubblica di ieri. Uno scarto non eclatante nei numeri, ma significativo se visto come segnale di cambiamento nello stile di vita degli italiani. Ovviamente la crisi gioca un ruolo importante nella flessione delle immatricolazioni: il mercato dell’auto sta vivendo uno dei periodi più difficili della sua storia, ed è difficile immaginare che i livelli di vendita raggiungano in futuro livelli paragonabili a quelli precedenti al 2008. Inoltre il prezzo della benzina ha raggiunto vette finora inusitate, il che ha reso quello del rifornimento un momento molto doloroso… Tra carburante, assicurazione e manutenzione, Federconsumatori ha calcolato che ogni anno si spendono mediamente 7mila euro per l’automobile. Un’enormità.
Ma è dalle crisi che spesso arrivano idee e risorse inaspettate per affrontare questioni vecchie, come la mobilità, con soluzioni nuove. La strada è ancora lunga (e la pista ciclabile troppo breve) per vedere le nostre città svuotate dal traffico che ogni giorno le soffoca, ma è forse giunto il momento di chiedersi come mai altre città europee, non meno importanti dei grandi centri italiani, siano riuscite a far fronte al problema, riducendo significativamente la circolazione delle auto e dando spazio alle biciclette, mentre qui da noi si fa tanta fatica ad avere maggiori diritti per i ciclisti. Peraltro godiamo di un clima che ci permetterebbe di pedalare per molti mesi all’anno senza temere il gelo o il maltempo, rispetto a città come Amsterdam o Copenhagen. È il momento di cavalcare il cambiamento.
Anche Jacopo Fo, dal suo blog sul Fatto Quotidiano, si soffermava su questo tema il 29 settembre, ricordando come tutto sia collegato, e che molti problemi italiani sono frutto di una mentalità che ci impedisce di risolverli: «La politica corrotta è il frutto di un albero. Se vogliamo fermare la corruzione una legge più severa non basta. Bisogna cambiare la qualità del terreno dove l’albero cresce. Servono nuovi comportamenti che producano idee ed emozioni diverse. Viviamo nella cultura dell’auto. Che non è solo un mezzo di trasporto, è anche un feticcio. L’auto è una bolla privata, un simbolo di libertà e potere. […]
L’auto si porta dietro comportamenti come la spesa all’ipermercato e il turismo di massa (con i centri turistici ingorgati come le città). Inoltre l’industria automobilistica è la prima acquirente di pubblicità, quindi gode di grande considerazione nei media. E influenzando i media le case automobilistiche hanno grande peso politico. E la corruzione ha grufolato negli appalti per costruire le autostrade. In Italia la lobby della Fiat ha determinato scelte strategiche: costruire autostrade invece di ferrovie, lasciar languire il trasporto fluviale e marittimo. E c’è pure un danno derivato dai costi di un sistema trasporti basato sulle autostrade. Spedire, in Italia, costa un’enormità proprio per questo. Il sistema auto comporta pure immensi costi umani e sanitari visto che l’auto rende l’aria irrespirabile. Anni fa Rubbia calcolò che per ogni litro di combustibile bruciato in città si provocavano spese sanitarie per 1.600 lire. E gli incidenti d’auto costano 30 miliardi di euro all’anno. Pinzuti aggiunge che l’enorme numero di auto provoca anche un traffico urbano congestionato e quindi un’enorme perdita di tempo e di competitività che calcolata in 45 miliardi all’anno nella sola Italia. Infine il sistema auto è strutturalmente aggressivo: i ciclisti rischiano grosso anche fisicamente». Insomma, pedalare produce mobilità sostenibile, e fa ripartire la mente.