«Esprimiamo soddisfazione per la sentenza in favore di Carlo Ruta. La Corte di Cassazione ha dissolto come neve al sole il tentativo di procedere, attraverso l’uso surrettizio del reato di stampa clandestina, alla condanna del blog dello storico Carlo Ruta che aveva pubblicato importanti documenti sulla mafia». Lo afferma in una nota il portavoce di Articolo21, Giuseppe Giulietti. «Si tratta di una sentenza importante e che stronca sul nascere qualsiasi tentativo di tornare a colpire nel futuro blog e siti attraverso un’interpretazione strumentale della legge sulla stampa del 1948 e della nuova legge sull’editoria del 2001. In ogni caso per evitare qualsiasi equivoco, anche per il futuro, in occasione della ridefinizione della legge sull’editoria annunciata proprio in queste ore dal sottosegretario Peluffo presenteremo insieme all’onorevole Vincenzo Vita provvedimenti abrogativi specifici, e anche tali da evitare che qualche altro magistrato possa essere indotto in tentazione in futuro».

La sentenza cui fa riferimento Giulietti, giornalista e politico, è quella che scongiura per Carlo Ruta, responsabile del blog “Accade in Sicilia” (non più online), l’accusa di aver messo in piedi clandestinamente un’impresa editoriale. Quella aggiornata dallo storico era infatti una normale pagina web, nella quale egli esercitava il proprio diritto alla libera espressione del pensiero e non, come sostenevano prima il giudice di Modica e poi la Corte di Appello di Catania, un prodotto editoriale equiparabile a un giornale di carta. L’accusa è stata possibile non grazie alla legge sulla stampa (la n. 47 del 1948), dove è definita la fattispecie della stampa clandestina, ma dalla 62 del 2001, che all’articolo 1 definiva la nozione di “prodotto editoriale” e ne indicava la relativa disciplina.

Così il primo comma: «Per “prodotto editoriale”, ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici». E dopo questa premessa, al terzo arriva la vera sorpresa «Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948».

Con due semplici disposizioni si apriva la strada alla possibilità di denunciare qualsiasi blog che con cadenza regolare pubblicasse degli articoli contenenti “informazioni” senza assolvere all’obbligo di registrazione della “testata” al tribunale. Possibilità che si è verificata nel 2005 quando, appunto, è stato portato a giudizio Carlo Ruta. Il colmo è che proprio Giulietti, che oggi esprime “soddisfazione”, è uno dei due firmatari -assieme a Vannino Chiti- della legge del 2001 che ha aperto la strada a questo caso, che si chiude oggi dopo ben sei anni e tre gradi di giudizio. Ricordiamo inoltre che in Italia il precedente non ha valore vincolante in giurisprudenza e quindi, finché la legge sarà in vigore, sarà possibile sollevare questioni simili di fronte a un tribunale, dando il via a un nuovo iter processuale. Nel 2001 quella legge fu accolta con scetticismo e preoccupazione da molti, che vi vedevano il tentativo di censurare le voci del web. Oggi la Cassazione ci dice che non è così. Almeno in teoria, perché il blog di Ruta non esiste più, e forse, se quella legge non avesse visto la luce, adesso sarebbe ancora al suo posto.