Quando pensiamo al logo che identifica, per esempio, i parcheggi dedicati alle persone con disabilità, abbiamo tutti in mente “l’omino in carrozzina”, la figura stilizzata di colore bianco su sfondo blu. Ma questo simbolo non esiste da sempre, e ci sono stati diversi tentativi di modificarlo, anche se finora resta quello largamente più adottato.
Le origini
Come spiega Anna Maria Gioria sul blog InVisibili, in un post ripreso dall’associazione Superando, il simbolo nacque alla fine degli anni Sessanta: «In quel decennio – spiega Gioria – vi fu un vero e proprio proliferare di simboli. Per fare un po’ di ordine, nel 1968 fu indetto un concorso finalizzato alla creazione del contrassegno internazionale dell’accessibilità (ISA- International Symbol Access), che venne vinto dalla studentessa di design Susanne Koefoed, con la messa a punto di un riquadro blu, al centro del quale vi era la figura stilizzata di una persona in sedia a rotelle, indicante un accesso privo di barriere. In poco tempo tale simbolo venne conosciuto e utilizzato in tutto il mondo».
Dinamicità
Un primo tentativo di “riforma” si ha nel 1994 quando Brendan Murphy, studente di un’università statunitense, propone una modifica volta a sottolineare l’aspetto dell’indipendenza delle persone con disabilità. «Mantenendo cioè la figura stilizzata in carrozzina in colore bianco sullo sfondo azzurro (ma più spesso lo si trova nella variante con figura nera su sfondo bianco, ndr), venne cambiata la posizione del corpo, busto chinato in avanti e braccia indietro che spingono la carrozzina in movimento. Un’immagine, questa, che intendeva simboleggiare la conversione dei vecchi paradigmi, come staticità e passività, tipici del precedente logo, con nuove valenze, come dinamicità e partecipazione attiva».
Guerrilla
Tra il 2010 e il 2011, Brian Glenney e Sara Hendren, rispettivamente professore di filosofia e designer, elaborarono una variante del logo ufficiale (quello del 1968) che riprendeva l’idea di Murphy. Non si limitarono però all’ideazione, ma diedero avvio a una campagna di “guerrilla art” che consisteva nell’applicare degli sticker con il loro logo sopra i cartelli che raffiguravano quello ufficiale, o organizzare eventi in cui il loro logo veniva dipinto per terra in corrispondenza dei parcheggi per persone con disabilità. Nel 2013 fondarono The Accessible Icon Project, un’iniziativa con cui puntavano a fare adottare il proprio logo in più contesti possibili.
Qualche vittoria l’hanno ottenuta, visto che il loro logo è diventato ufficiale nello stato di New York e in Connecticut, oltre che in alcune città degli Stati Uniti, mentre il MoMA lo ha incluso nella sua collezione. Il logo ufficiale resta però sempre quello di KoeFoed.
Il logo dell’ONU
Nel 2015 l’ONU ha incaricato un suo dipartimento di realizzare quello che sarebbe diventato l’Accessibility Logo. Ne è uscito un logo che riprende in maniera stilizzata l’Uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci, con la scomparsa della sedia a rotelle. Quest’ultima idea voleva andare incontro a una critica spesso mossa al simbolo ufficiale, ossia includere nel tema dell’accessibilità anche le persone che non stanno in sedia a rotelle, ma hanno altri tipi di disabilità.
Il logo fu però molto criticato, sostanzialmente per due ragioni, spiegate da Ability Channel: «Innanzitutto, la disabilità non sembra essere immediatamente il valore percepito. Anzi, la figura ricorda chiaramente l’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci, considerato l’emblema dell’essere umano perfetto – concetto leggermente in controtendenza con l’integrazione della diversità umana nelle società moderne.
Un’altra contestazione contro il nuovo simbolo è nel processo di realizzazione. Secondo alcuni, infatti, il disegno risulterebbe troppo infantile, in quanto ricorda gli omini creati dai bambini nei propri disegni. Ma per l’ONU, questa grafica rappresenta l’accessibilità per le persone con disabilità, ed è un simbolo di speranza, neutrale e imparziale».
La proposta italiana
Negli ultimi anni sembra non essere successo molto sul tema. L’unica altra novità la spiega ancora Ability Channel, e riguarda una proposta italiana presentata nel 2016 a Bruxelles nel contesto dello European Parliament of Persons with Disabilities. Alcuni rappresentanti di associazioni italiane che si occupano di disabilità presentarono un logo composto da più simboli, già utilizzato da Rete Ferroviaria Italiana.
«La grafica è composta dall’unione di quattro diversi simboli, ognuno dei quali rappresenta un certo tipo di disabilità (motoria, fisica, uditiva e visiva). Il fondo del simbolo non è il classico blu, ma una soluzione gradiente e più colorata».
Col sangue si fanno un sacco di cose
Le trasfusioni di sangue intero sono solo una piccola parte di ciò che si può fare con i globuli rossi, le piastrine, il plasma e gli altri emocomponenti. Ma tutto dipende dalla loro disponibilità, e c’è un solo modo per garantirla.