È sempre difficile affrontare certi temi affidandosi alla letteratura scientifica ed evitando espressioni anglosassoni. Nel caso dell’articolo di Hans Schroeder per Psyche da cui prendiamo ispirazione per questo post, si parla di due concetti piuttosto difficili da tradurre in maniere efficace in italiano: growth mindset e fixed mindset. Letteralmente si possono tradurre come “mentalità della crescita” e “mentalità fissa”, ma di per sé non dicono molto queste definizioni, quindi ci scuserete se nel resto del testo useremo la loro forma originale in inglese.

Growth e fixed mindset

Per growth mindset si intende l’atteggiamento di coloro che credono che le proprie abilità e capacità siano modificabili nel tempo, con l’impegno e l’applicazione. Chi è legato a un fixed mindset farà invece più fatica a pensare a se stesso e alle proprie peculiarità come qualcosa di malleabile e in grado di evolvere nel tempo. I primi, ha dimostrato la ricerca, rispondono meglio a situazioni impegnative, mentre i secondi tendono a tirarsi indietro molto presto quando le cose si fanno complesse.

Questo ha un impatto nello sviluppo delle abilità di ciascuno, ma ha anche una ricaduta nella sfera emotiva. Ed è proprio su questo che si è concentrata la ricerca di Schroder: a quanto pare, le credenze di ognuno rispetto a quanto modificabili siano le proprie emozioni fa una grande differenza nel momento in cui cui quelle emozioni arrivano.

Le persone con un fixed mindset rispetto all’ansia tendono a vederla come una parte integrante di sé, qualcosa su cui non hanno controllo. Chi ha un growth mindset in proposito invece mostra di vivere l’ansia come un’emozione temporanea per quanto spiacevole, con la quale può fare i conti. Ciò non vuol dire che chi soffre di esperienze d’ansia più intense abbia necessariamente un mindset fisso, mentre chi ne è meno affetto abbia un mindset di crescita. I vari fattori possono presentarsi in diverse forme e intensità.

L’esperienza terapeutica

Nella ricerca incentrata sull’esperienza terapeutica, si è visto che chi pensa di poter cambiare il proprio rapporto con l’ansia è meno esposto alla possibilità di rispondere alle situazioni difficili con comportamenti patologici come l’abuso di alcol, l’autolesionismo o la fuga dalle emozioni. Al contrario, costoro tendono più facilmente a restare in contatto con le emozioni spiacevoli e provare a sentirsi meglio. Questi ultimi sono anche quelli che riescono a ottenere i risultati migliori dalla psicoterapia.

Gestire l’ansia da apprendimento

Al di là della terapia, le situazioni in cui bisogna apprendere qualcosa di nuovo, perché ci si trova in una situazione che lo richiede, sono uno scenario perfetto per mettere alla prova questi meccanismi. Trovarsi davanti a qualcosa che ci sembra oltre le nostre possibilità tende a provocare sensazioni negative. Vale per tutti, e il punto non è soffocare o non provare quelle emozioni. Ciò che possiamo fare però è cambiare la risposta che diamo alle emozioni spiacevoli, e quindi alle sfide che ci si prospettano.

Terapia dell’esposizione

Uno dei metodi più studiati nel trattamento dell’ansia è quello dell’esposizione, in cui alle persone è chiesto di affrontare gradualmente situazioni o ricordi che comportano paura e ansia. Si basa su due principi: il primo è che, con l’esposizione, il paziente si rende conto che la situazione che cerca di evitare non è così pericolosa come sembra; il secondo è che anche le emozioni che si cercano di evitare non sono una minaccia così grande alla nostra incolumità, perché ci sono strategie per affrontarli.

Lo stesso si può applicare ai momenti in cui siamo costretti a imparare qualcosa di nuovo. Persistere, nonostante l’ansia, è un’opportunità per imparare a fare i conti con quelle emozioni, prendendo coscienza del fatto che non dureranno per sempre. Continuare a lavorare sul problema insegna a se stessi che è possibile affrontare l’ansia, anche se si tratta di un’emozione sgradevole. Persistere aiuta anche a smontare quei pensieri dannosi che si possono avere sulle proprie abilità e sulle conseguenze del proprio non capire o non apprendere le cose al primo tentativo.

L’auto-compassione può essere un ottimo aiuto, e si può attuare ricordando a se stessi che non abbiamo niente che non va. Il passo successivo è spezzare il compito che abbiamo davanti in piccoli passi. Più a lungo ci si concentra, persistendo e tollerando le emozioni spiacevoli, più si impara che tali sentimenti non durano per sempre ma se ne vanno da sé. E questo permetterà di iniziare a cambiare le credenze più radicate su se stessi.

Col sangue si fanno un sacco di cose

Le trasfusioni di sangue intero sono solo una piccola parte di ciò che si può fare con i globuli rossi, le piastrine, il plasma e gli altri emocomponenti. Ma tutto dipende dalla loro disponibilità, e c’è un solo modo per garantirla.

Si comincia da qui