Per avere una misura precisa degli effetti sociali della pandemia di coronavirus bisognerà attendere ancora un po’. Intanto però il monitoraggio effettuato dalla Caritas Italiana mostra che l’accesso alle strutture che offrono aiuti e servizi è cresciuto moltissimo nelle ultime settimane. Parallelamente, per fortuna, c’è stato un grande sforzo da parte di enti pubblici e di volontariato, ma anche di privati e aziende, per accrescere l’offerta in modo da accontentare la domanda. Vediamo di seguito i passaggi principali del report pubblicato da Caritas Italiana pochi giorni fa.
Beni di prima necessità
«Si conferma, come anticipato nei giorni scorsi, il raddoppio delle persone che per la prima volta si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane rispetto al periodo di pre-emergenza. Cresce la richiesta di beni di prima necessità, cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nel contempo, aumenta il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro. Un dato confortante è il coinvolgimento della comunità e l’attivazione solidale che nel 76,2% delle Caritas monitorate ha riguardato enti pubblici, enti privati o terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato, singoli. […] Di fronte al mutare dei bisogni e delle richieste, sono cambiati o si sono adattati anche i servizi e gli interventi, in particolare: i servizi di ascolto e accompagnamento telefonico con 22.700 contatti registrati o anche in presenza negli ospedali e nelle Rsa; la fornitura di pasti da asporto e consegne a domicilio a favore di più di 56.500 persone; la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti a circa 290.000 persone; le attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità; l’acquisto di farmaci e prodotti sanitari; la rimodulazione dei servizi per i senza dimora; i servizi di supporto psicologico; le iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza; gli interventi a sostegno delle piccole imprese; l’accompagnamento all’esperienza del lutto».
Come sta andando a Milano
Un articolo pubblicato su Redattore Sociale racconta come stanno andando le cose nella città di Milano, dove si concentrano molte iniziative di solidarietà, ma anche problemi legati ai senza dimora e alle tante attività produttive che improvvisamente si sono dovute fermare. «Ufficialmente sono 4.500 le famiglie che ricevono aiuti alimentari dal Comune di Milano attraverso i 10 hub creati nei Municipi, con la collaborazione di Ricetta Qu-Bì della Fondazione Cariplo, di associazioni ed enti del terzo settore. Ad altre 13.754 stanno per essere consegnati i buoni spesa (ma le domande erano state oltre 30mila). Gli effetti sociali del Covid-19 a Milano sono però più pesanti. Ci sono poi le mense per i poveri e le unità di strada per i senza dimora. Ma ogni associazione o realtà che sta cercando di aiutare le persone in difficoltà è sommerso dalle richieste. Ai numeri di telefono delle “Brigate di Solidarietà”, attive in ogni municipio e nate per iniziative dei centri sociali, arrivano ogni giorno circa 400 telefonate. Al ristorante Ruben, dove gli adulti possono cenare con 1 euro e i figli gratis, il flusso di persone non è mai cessato, nonostante il lockdown. Ovviamente non ci si può più sedere ai tavoli, la mensa fornisce solo piatti da asporto. Ruben è un ristorante solidale, nato nel 2014 da Ernesto Pellegrini, ex presidente dell’Inter e fondatore del Gruppo Pellegrini leader della ristorazione aziendale, per aiutare quella fascia di popolazione in difficoltà che però non andava alle classiche mense per i poveri. Al ristorante Ruben si arriva su segnalazione degli enti convenzionati (oltre 100), che già seguono queste famiglie, come i centri di ascolto della Caritas oppure i servizi sociali del Comune. “In queste settimane sono arrivate nuove persone, che mai avevano immaginato di finire in povertà -spiega Cristian Uccellatore, responsabile del progetto-. Piccoli artigiani, negozianti, lavoratori che avevano contratti di collaborazione. Il Covid-19 è stato un colpo durissimo anche per chi seguivamo da anni, perché magari avevano ricominciato a lavorare o stavano per vedere uno spiraglio di luce. Ora sono ripiombati nel buio”».
(Foto di Annie Spratt su Unsplash)